Gustav Mahler: Sinfonia n.3
Alcune considerazioni sul brano
Il Canto della Notte
È irrefutabilmente provato dalla Storia che la Terza, come varie altre Sinfonie di Mahler, possiede un "programma" minutamente sotteso al suo sviluppo musicale. Quello della Terza non solo è metafisico, addirittura ambisce a costituire la stessa sintesi dell'Universo. Con ciò si affermano, forse come mai nella sua opera, quei caratteri patologicamente megalomaniaci del pur grande compositore senza che il fatto innegabile aduggi del tutto il valore della creazione che, nell'ambito della sua opera, n'è affetta. La Terza Sinfonia viene eseguita per l'annuale concerto, divenuto da tempo un appuntamento irrinunciabile per i musicofili, indetto per raccogliere fondi a pro del Comitato Negri Weizmann, organo italiano per la raccolta di fondi a favore degli Istituti Negri e Weizmann. Come tutti sanno, queste non abbastanza lodabili istituzioni hanno per fine la ricerca scientifica nel campo medico. Ora, se c'è una contraddizione insanabile, è proprio tra la metafisica siccome la intende Mahler nella Terza Sinfonia, peraltro mescolando in modo ambiguissimo a versi di Federico Nietzsche una simbolica devozione cristiana, e la ricerca medico-scientifica. Questa ha per fine non di sconfiggere la morte, il che, non fosse impossibile, non sarebbe neppure augurabile. Ma di lottare contro la malattia, il che significa contro il dolore onde atrocemente è tormentato l'essere umano. A titolo personale, mi permetto di aggiungere che tutte le giustificazioni metafisiche a volta a volta dalle religioni e dalle filosofie del dolore e della malattia offerte non mi hanno mai convinto. Troppo fragile è l'uomo, troppo breve la sua esistenza, perché con argomenti metafisici la malattia e il dolore possano esser considerati valori.
Ma torniamo a Mahler. In altra occasione ebbi a teorizzare che un elemento lo rende del tutto diverso da ogni predecessore e specificatamente "moderno": la sua rappresentazione materialistica del dolore nelle Sinfonie. Se la Terza è, come vuol essere, una sintesi dell'Universo, il dolore, che dell'Universo è essenza, deve trovarvi ampio luogo. Io lo riconosco, in parte discostandomi dal pur autentico "programma", in molto luoghi dell'elefantiaco primo movimento. Là ove la più laida e voluta volgarità ti affronta con violenza per il rilievo donatole dall'orchestrazione e dalla forma; là ove la musica, da trasfigurazione simbolica ch'era sempre stata, diviene mera registrazione fonica del mondo esterno. Ciò intendo io "materialismo" E ciò in un ascoltatore sensibile giunge a infondere un vero e proprio dolore fisico. Materialistico e senza scopo come nella realtà ogni dolore, secondo me, è.
Il genio di Mahler vi trova nella Terza l'antidoto. Il tempo finale, di nuovo strumentale, culmina, dopo tutto il meraviglioso Adagio, in una demagogica perorazione dal sapore anche religioso. Sono queste le debolezze di Mahler che io, beninteso formica di fronte a un gigante, non riesco ad accettare: e infatti, mi sia concesso un inciso, su passaggi di Federico Nietzsche comprendenti anche il breve Lied della Terza pochi anni dopo l'inglese Frederick Delius scrisse l'atea Mass for Life che io considero capolavoro superiore a qualsiasi di Mahler. Ma il Lied del contralto della Sinfonia, stupendissimo, ci riconcilia con l'Autore e la sua filosofia. La sua riflessione sul dolore e il di lui superamento è, giusta Nietzsche, metafisica. Ma dalla musica emana un pathos sì struggente e al tempo stesso rasserenante che noi, ascoltandola, non possiamo non esserne profondamente coinvolti e insieme provare un intenso affetto per l'Autore, che peraltro nella sua breve vita del dolore ebbe esperienza anche troppo forte. La serenità sovrumana che dal Lied si sprigiona è superiore al pathos medesimo: noi possiamo permetterci d'intravvedere, grazie a lei, quale dovrebbe essere la condizione dell'essere umano liberato da una sofferenza senza scopo. Allora anche la Terza Sinfonia di Mahler si mostra intimamente connessa, ex post, ai fini del Comitato Negri Weizmann e atta a perorare per la sua causa: giacché ogni anche minima vittoria di lei è un sollievo per l'uomo.
Paolo Isotta (in occasione del concerto diretto da Zubin Mehta al Teatro alla Scala, con la Bayerische Staatsorchester - Coro del Teatro alla Scala - 13 dicembre 2004)
Abbracciare il mondo
La storia della sinfonia austrotedesca nella seconda metà dell'Ottocento trova in Brahms, Bruckner e Mahler differenti vie per continuare: il primo mette in atto una logica deduttiva fra i temi collocati in una salda forma classicista, il secondo dilata la forma attraverso ripetizioni di temi solo in apparenza identiche, il terzo amplia ancor più la forma gettandovi dentro una pluralità di temi in un anelito che tende alla visione dell'uomo nel cosmo. Ogni sinfonia mahleriana vive di una drammaturgia interna che nella maggior parte dei casi "per aspera" conduce "ad astra", che dal dolore e dal lutto porta alla trasfigurazione e al trionfo: fa eccezione l'estrema Nona Sinfonia, che è l'estinguersi della vita di Mahler, mentre ne è paradigma la Seconda, che da un apocalittico inferno conduce alla resurrezione. Subito dopo, nelle estati del 1895 e del 1896, nell'idillio lacustre di Steinbach am Attersee, nell'austriaco Salzkammergut, Mahler diede corpo a una nuova opera che introduceva una parziale eccezione al contenuto di tale drammaturgia: la Terza Sinfonia sarebbe stata un trionfo della vita, della natura e della gioia, con meno invadenza delle marce funebri. un segno luttuoso che sarebbe scomparso nella Quarta. I primi abbozzi risalgono a tre anni avanti, come pure l'idea di un programma che, sebbene limato nel corso del tempo e variato con un'importante sostituzione, fin dall'inizio rendeva chiaro l'intento dell'opera: contenere tutto il creato e l'amore che lo regge, abbracciare il mondo con un gesto musicale di colossali proporzioni e secondo un percorso di graduale elevazione.
Nell'ultima stesura delle indicazioni programmatiche l'associazione di titoli ai sei movimenti della sinfonia era la seguente: il risveglio di Pan e l'avanzare dell'estate; quel che mi raccontano i fiori del prato; quel che mi raccontano gli animali della foresta; quel che mi racconta l'uomo; quel che mi raccontano gli angeli; quel che mi racconta l'amore. Nulla di tutto ciò andò a finire in partitura, né era la prima volta che accadeva per Mahler: restò solo una divisione, con la prima metà occupata dal primo movimento di mezz'ora abbondante e la seconda dai cinque restanti, né la genesi delle parti corrispose all'ordine definitivo. Il primo movimento fu difatti scritto per ultimo, come enorme ampliamento delle fanfare di risveglio dell'estate che Mahler voleva anteporre al tutto; fu scritto quando Mahler aveva deciso di espungere il movimento che non solo avrebbe dovuto chiudere la sinfonia, ma era stato il primo a venir concepito nel 1892. Si trattava del Lied La vita celestiale, tratto dal Corno magico del fanciullo, raccolta poetica musicata tanto in maniera autonoma quanto all'interno di sinfonie, innervante non solo la Terza, ma pure la Seconda e la Quarta. In origine quest'ultimo movimento portava il titolo "Quel che mi dice il bambino", la giustificazione dell'intera sinfonia, in quanto la coesistenza in un unico organismo di contenuti e musiche fra loro cozzanti. come gli animali che danzano o il respiro dell'amore universale, poteva giustificarsi solo in base a quell'ingenuità che è propria dei bambini o degli angeli: e infatti le voci infantili degli angeli rimasero, imitando nel quinto tempo le campane e intonando col coro femminile un altro dei Lieder dal Corno magico, Tre angeli cantavano (nella raccolta originaria il titolo è Canto di bambini poveri mendicanti). Nonostante lo spostamento nella Quarta Sinfonia, La vita celestiale rimase musicalmente legata al quinto tempo della Terza: il ritornello sopranile del Lied possiede là il medesimo giro di frase qui intonato dal contralto alle parole "Ach komm und ebarme dich", "Vieni ed abbi pietà".
Prima ancora, nel quarto movimento, il contralto schiude la notte di Nietzsche, che è il cuore della sinfonia, dove si spalanca la profondità dell'esistenza, la sua eternità. Questo frammento, ricavato da Così parlò Zaratustra (è La canzone ebbra), rappresenta l'unica traccia evidente di una visione generale per intero ispirata dall'opera filosofica di Nietzsche, al punto che, durante la genesi, la Terza ebbe il sottotitolo La gaia scienza: questa visione ottimistica del mondo, preceduta dall'iniziale scatenamento bacchico che può esser stato influenzato dalla Nascita della tragedia dallo spirito della musica, non esclude tuttavia la solitudine dell'uomo. L'uomo resta afflitto dall'ignoto: in una stesura intermedia del programma tale movimento recava il titolo "Quel che mi racconta la notte", in quanto la notte porta con sé l'interrogativo sul destino umano. Mahler era aduso a manipolare anche pesantemente i testi poetici di cui si serviva: qui rimane più fedele all'originale, vicino a Nietzsche anche nello spirito della musica (la fascinosa orchestrazione notturna degli archi gravi con gli otto corni), tuttavia proprio la formulazione di quei titoli è la spia di un'ovvia reinterpretazione personale delle fonti, di una visione del mondo attraverso la propria sensibilità.
È questa sensibilità che amplia a nuovi contenuti forme musicali della tradizione, come in un tentativo di calare lì dentro tutte le musiche esistenti. Pure nella sua complessa ricchezza di spunti prossima al caos, con un continuo avvicendarsi di ritmi di marcia, l'iniziale "Con forza, deciso" è una forma-sonata tripartita preceduta dalla fanfara introduttiva, con l'esposizione di due gruppi tematici, il loro sviluppo e la netta ripresa seguita da una coda, ma certo le proporzioni del tutto e la libertà all'interno di ciascuna parte risultano singolari. Per altri motivi singolare è anche la presenza di un Minuetto e di uno Scherzo, ovvero di forme che la sinfonia ottocentesca non solo considerava alternative, ma l'una progenitrice dell'altra: la spiegazione, al di là del fatto che la Terza è un enorme catalogo di musiche, sta ancora nell'uso fattone da Mahler. Difatti il Minuetto ("Molto moderato, grazioso") serve alla visione ingenua dell'episodio dei fiori, dove la grazia è un'amabilità non arcaica che abita una struttura dilatata a cinque parti, col Trio ripetuto due volte, secondo una forma imparentata col rondò. Quanto allo Scherzo ("Comodo, scherzando, senza fretta"), esso è uno degli esempi di grottesco mahleriano, qui in chiave assurda sulla scorta del Lied del Corno magico da cui proviene la melodia, Sostituzione in estate: il cucù è caduto morto, e così gli animali scelgono imperterriti l'usignolo per far trascorrer loro il tempo nell'estate. Anche qui la presenza del Trio ripetuto due volte conduce a una forma a cinque parti, un rondò molto più evidente che nel Minuetto, sottoposto a elaborazione tematica e col Trio in funzione di contrasto: in mezzo all'allegra frenesia animalesca la melodia assorta del corno di postiglione sospende il tempo, schiude una dimensione irreale, è musica metafisica nel segno del più puro lirismo mahleriano, con echi di melodia popolare.
Nel segno del lirismo culmina la sinfonia, con il movimento lento da Mahler definito "Quel che mi racconta l'amore" e posto originalmente non in mezzo alla composizione, bensì alla fine, come punto in cui sfociano senza soluzione di continuità i due tempi con il canto, un'innovazione, questa, inglobata stabilmente da Mahler a partire dalla Seconda Sinfonia, dove pure la melodia strumentale di un altro Lied dal Corno magico del fanciullo, La predica di Sant'Antonio ai pesci, era già stata la base per costruirvi sopra lo Scherzo. Il finale della Terza ("Adagio, tranquillo, sentito", dove il secondo aggettivo letteralmente vuol dire "pieno di pace") è un unico crescendo che vive di melodia pura, quella sommamente cantabile attaccata dai violini e tante volte ripresa, fra idee secondarie, sino alla sfolgorante chiusa di questo re maggiore, con l'accordo fondamentale iterato e la scansione perentoria dei timpani suonati da due musicisti. L'abbraccio del mondo diventa qui abbraccio universale, generato da un canto strumentale che pare quasi una visione del mondo dall'alto. In una lettera del 1° luglio 1896 ad Anna von Mildenburg il compositore affermava che avrebbe potuto anche definire l'ultimo tempo "ciò che mi racconta Dio", intendendo questo come amore; in realtà Mahler annetteva il dio cristiano alla sua visione permeata dalle idee di Nietzsche, se pochi mesi dopo, in una lettera del novembre ad Annie Mincieux, scriveva a tal proposito: "Dio o, se preferisce, l'Ultrauomo". Un sincretismo di pensiero corrispondente al sincretismo stilistico dell'intera musica.
Giangiorgio Satragni (in occasione del concerto diretto da Zubin Mehta al Teatro alla Scala, con la Bayerische Staatsorchester - Coro del Teatro alla Scala - 13 dicembre 2004)
I testi della Sinfonia
Quarto movimento
Testo tratto da "Così parlò Zaratnustra", di F.
Nietzsche
O Mensch! Gib Acht! O Mensch! Gib Acht! |
Sta' attento, uomo! Sta' attento, uomo! |
Quinto movimento
Testo tratto da "Des Knaben Wunderhorn"
Es sungen drei Engel Es sungen drei
Engel einen süssen Gesang |
Tre angeli cantavano Tre angeli cantavano un dolce canto, |