Alla ricerca di una vita possibile
di Francesco Alberoni

Per parlare della ricerca di una vita possibile partirò parlando della mia vita. Io credo che ogni persona vada alla ricerca della sua vita, come una potenzialità che deve sbocciare. Una vocazione, una missione, un compito.

Per trovarla occorre che ci sia una motivazione, una spinta che sorge dall'interno. Ma questa motivazione è evocata a sua volta dalla società, come bisogno oscuro, domanda implicita, vuoto da riempire. Io, durante il corso di tutta la mia vita, ho sempre dato importanza all'amore erotico, all'amore dell'innamoramento, all'amore che ci fa dire ti amo. Altri possono essere stati più interessati all'arte, allo sport, alla politica, al denaro. In me agiva, inoltre, una seconda spinta, una seconda motivazione: diventare uno scienziato. Già a quindici anni sapevo che avrei studiato l'essere umano, i suoi pensieri, i suoi sentimenti, le sue passioni, le sue follie, i suoi odi, i suoi amori. Sapevo che sarei diventato psicologo e sociologo prima che queste discipline esistessero in Italia. E poiché davo importanza all'amore, all'amore erotico, all'amore che ci fa dire "ti amo", era destino che lo studiassi, che ne scrivessi, che gli dessi dignità in queste discipline.

Fra il 1960 e il 1985 nessuno si occupava dell'amore e la coppia godeva di cattiva fama. Le venivano contrapposti la libertà sessuale, la promiscuità senza gelosia, la vita in comunità, il matrimonio aperto. Psicologi e sociologi erano convinti che la coppia e l'amore esclusivo dovessero scomparire. In quell'epoca, al mondo, studiavamo l'amore solo in quattro: Murray Davis, Roland Barthes, Doroty Tennov e io.

Poi sono cambiati i tempi, si è diffuso l'Aids, si è visto che la famiglia stava decomponendosi e che l'unica sua base era rimasta la coppia. Adesso tutti parlano della coppia. Studiano la comunicazione di coppia, fanno l'analisi della coppia, la terapia della coppia. Cercano di salvarla, di proteggerla, di aggiustarla quando si rompe, di farla durare.

Io continuo a occuparmi solo dell'amore. Il resto è conseguenza. E posso dire, dopo trent'anni di studio, di aver raggiunto un primo importante risultato. Ho identificato i meccanismi base dell'amore, ho descritto le principali forme di amore e spiegato perché una coppia entra rapidamente in crisi. Tutti, psicologi e sociologi, hanno sempre spiegato l'amore con il principio di piacere. Noi ci affezioniamo a chi ci gratifica e ci distacchiamo da chi ci frustra. I figli amano i genitori perché ricevono cure, gratificazione. Gli amici si affezionano a chi li tratta bene. Mentre tutti odiamo chi ci fa del male.

Ma c'era un problema. Nell'innamoramento noi amiamo prima di sapere se saremo ricambiati, se saremo felici. L'innamoramento non segue il principio del piacere! Ho scoperto il meccanismo base dell'innamoramento nel 1967 studiando i movimenti collettivi. Quando gente che non si conosce è afferrata da una specie di ebbrezza, di passione e, in pochissimo tempo, crea una nuova società ad altissima solidarietà. E' lo stato nascente, il big bang, l'origine del sociale. Nell'innamoramento lo stato nascente crea la coppia. E' la teoria esposta in innamoramento e Amore" (1979).

Ma come spiegare l'amore dei genitori per i figli? Anche questo amore non può essere fondato sul principio del piacere. I genitori amano i figli anche quando questi li fanno soffrire, anche se danno loro delle preoccupazioni. Ogni volta che il bambino ha un problema, si ammala, il genitore si occupa solo di lui e tutto il resto diventa un mezzo per la sua salvezza. Noi esseri umani amiamo coloro a cui diamo la vita, che tratteniamo in vita. Ecco il terzo meccanismo: la perdita. L'ho scoperto nel 1981 e l'ho esposto nel libro "Le ragioni del bene e del male".

Poi ho capito che dovevo introdurre un meccanismo che spiega l'invidia e il divismo. L'ho chiamato l'indicazione. Noi apprendiamo i nostri desideri dagli altri. Lo si vede benissimo nel divismo dove tutti ci mostrano ciò che è bello e desiderabile. L'ho esposto nel libro "Il volo nuziale" (1992).

Dopo trent'anni di studio possedevo finalmente i concetti per stendere il libro conclusivo "Ti amo" (1996). Dove descrivo le diverse forme di amore, e mostro come si sviluppa, perché declina o perché dura. L'amore ha tanti gradi di profondità. Può essere un'attrazione lieve, una cotta, oppure una infatuazione intensa ma fragile, una forma di amicizia, fiduciosa ma vulnerabile. Può essere un amore-consolazione, oppure una infatuazione che assomiglia in tutto e per tutto all'innamoramento ma senza esserlo per cui, a un certo punto, svanisce. Può infine essere un vero innamoramento. Ma anche nell'innamoramento vi sono molti meccanismi, molte possibilità di fraintendimento e di errore. Anch'esso, per produrre una coppia innamorata e stabile, deve superare delle prove, diventare istituzione e trovare in se la capacità di rinascere.

Non vi è perciò un solo tipo di amore di coppia, ma tante forme possibili, tante possibili forme di vita amorosa. La maggior parte delle coppie entrano in crisi nel primo o nel secondo anno di matrimonio e di convivenza, perché in realtà il processo amoroso si è arrestato alle prime fasi. Perché almeno uno dei due in realtà non era veramente innamorato, o perché gli innamorati, fin dall'inizio, avevano progetti incompatibili. In caso di vero innamoramento e se il processo è condotto con intelligenza e cura, invece, l'amore continua intenso e fresco, vibrante per anni e anni.

Alla fine di questo lungo viaggio nell'amore penso di non aver sbagliato nel considerare l'amore un fatto tanto importante. Perché la struttura profonda dell'amore, la sua dinamica è quella stessa della vita. L'amore è il prodotto dello slancio vitale e ne ha la stessa potenza creativa. Si getta verso il nulla e lo riempie delle sue creazioni. Noi amiamo ciò che creiamo, ciò a cui diamo vira e che, a sua volta, ci ricrea e ci fa rinascere.

L'amore non appartiene allo stare, ma al divenire. Esso è continua nascita, continuo rinnovamento. A partire dalla sua forma più semplice come attrazione sessuale. Come incontro con una persona nuova diversa, contatto, fusione, sfida. Come avventura, come infatuazione ardente, bruciante, eppure fragile. Infine come follia dell'innamoramento quando, in una persona qualsiasi, noi intravediamo un valore infinito, il riverbero dell'assoluto. Illusione? Certo, ma anche realtà, perché ogni essere umano, nel profondo, sa di essere unico e inconfondibile, sa di essere un universo. La follia dell'amore è l'unica esperienza che ci fa conoscere l'altro nello stesso modo.

Lo studio dell'amore, delle sue forme, delle sue follie, dei suoi sogni, è lo studio stesso della vita nel suo sgorgare, della potenza che fa emergere le comunità, le nazioni, i partiti, le chiese, la coppia, l'individuo. Staccarsi da questa sorgente significa tagliare il cordone ombelicale della vita.


Francesco Alberoni è professore ordinario di Sociologia all'Università IULM di Milano. I suoi libri sullo stato nascente, i movimenti collettivi, l'innamoramento e l'amore sono tradotti in venti lingue.