Dichiarazioni del deputato
socialista Andrea Costa alla Camera dei Deputati dopo la
sconfitta di Dogali
3 Febbraio 1887
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dei deputati a questo indirizzo
Riproduciamo integralmente il discorso del
deputato socialista Andrea Costa, con le interruzioni suscitate,
nel corso della discussione parlamentare dopo la sconfitta di
Dogali. In questa occasione l'opposizione al governo e le
critiche alla politica coloniale furono condivise da quasi metà
dei deputati; la condanna radicale di Costa rimase invece isolata
(una dozzina di voti su più di trecento). Tuttavia la violenza
delle interruzioni testimonia che le parole di Costa pesavano
assai più per il seguito che avevano nel paese che per i pochi
voti di un parlamento da cui era escluso il proletariato. «Né
un uomo, né un soldo» divenne il tema dell'opposizione
socialista alla politica coloniale.
Il discorso è in Atti parlamentari, Discussioni della Camera, 3
febbraio 1887.
Da "Il colonialismo italiano" La prima guerra d'Africa
Costa Andrea. Signori! Poche e franche parole,
non perché manchino gli argomenti, ma perché tengo anch'io
conto delle condizioni della Camera, e capisco che in questi
momenti ognuno di noi deve sforzarsi più che possa di esser
breve.
Fin da quando nel maggio del 1885 si discusse la politica
coloniale del governo (dico del governo, perché fu incominciata
e continuata all'insaputa del Parlamento, ed il Parlamento non fu
chiamato se non a mettere la sabbia su ciò che si era fatto),
fin d'allora, io ed alcuni amici, riconoscendo che l'Italia, l'Italia
vera, l'Italia che lavora e che produce, lungi dal desiderare una
politica coloniale, voleva invece rivolte tutte le sue attività
al suo miglioramento agricolo ed industriale, al suo progresso
morale e politico; fin da allora, dico, noi presentammo un ordine
del giorno in cui, opponendoci a tutte le velleità di spedizioni
africane, che ci hanno dato i bei frutti che ora vediamo,
proponevamo il richiamo delle truppe nostre dall'Africa.
Ora, di fronte all'avvenimento doloroso di cui diede un pallido
cenno due giorni fa l'onorevole presidente del Consiglio, e per
cui il cuor nostro sanguina come il vostro, di fronte a questo
doloroso avvenimento, il nostro grido è lo stesso di due anni fa.
Noi vi diciamo oggi, come allora: cessate da queste imprese pazze
o criminose; richiamate le nostre truppe dall'Africa. E non ci
lasciamo impressionare dalle frasi altisonanti di onore della
bandiera, di prestigio militare, o che so io: tutta questa roba
qui (Oh! oh!) è di quella che si adopera sempre
per far passare la merce molte volte avariata. (Rumori a
destra - Sì, sì, all'estrema sinistra).
Io non ho bisogno infatti di insegnarvi la storia; voi la
sapete quanto o più di me, e sapete quante volte questi
argomenti siano stati adoperati per fini più o meno ignobili.
La patria? Ma dove la vediamo noi nelle imprese africane? E la
bandiera? La bandiera della patria la vedo sui campi di battaglia
per la libertà e per la indipendenza, la vedo nelle imprese
civili che fanno risalire sempre più la nazione verso le altezze
dell'ideale; non la vedo, non la posso vedere nell'impresa
africana.
E l'onore della bandiera?
Non è da questa parte che si deve render conto dell'onore della
bandiera e del prestigio militare, ma dalla parte di coloro che
siedono al governo o che il governo sostennero e sostengono; e
davvero mal si invoca l'onore della bandiera quando,
incominciando da Lissa e Custoza, questo onore è stato
trascinato nel fango sino a Saati.¹ (Vive proteste a sinistra,
al centro e a destra).
Presidente (Con forza). Onorevole Costa, io non
posso tollerare una simile affermazione; se la nostra bandiera è
stata qualche volta sfortunata è stata però sempre onorata. (Vivi
applausi da tutte le parti della Camera). Ascolti la
voce del patriottismo, onorevole Costa! (Bene!).
Costa Andrea. È appunto per patriottismo ben inteso che
io parlo, giacché non credo che sia patriottico il perseverare
nell'impresa d'Africa. (Vive proteste a destra).
Presidente. Onorevole Costa, ella può esprimere la sua
opinione, ma non offendere i sentimenti degli altri.
Costa Andrea. Credo che quei signori non abbiano il
diritto di pretendere che io abbia sentimenti diversi da quelli
che ho. (Rumori a destra).
Noi siamo altrettanto patrioti quanto loro ...
Voci a destra. No! No!
Voci a sinistra. Sì! Sì!
Costa Andrea. ... e patrioti nel vero senso della parola.
Giacché gli è appunto perché amiamo il nostro paese (Denegazioni
a destra) che non lo vogliamo vedere impegnato in imprese
pazze o criminose (Vive proteste a destra e al centro)
dove, a quel che dite voi stessi, si può perdere anche l'onore
...
Presidente. Ella, onorevole Costa, può dire imprese
avventurose non mai criminose. Del resto il patriottismo non è
il monopolio di nessuno, ed io non dubito che esso sia sentimento
comune a tutta la Camera. (Approvazioni).
Costa Andrea. Onorevole presidente, se quei signori
avessero verso di me la stessa tolleranza che io ho verso di loro,
creda bene che non si verificherebbe ciò ch'ella deplora ... (Rumori).
Presidente. Continui, onorevole Costa, continui il suo
discorso.
Costa Andrea. Risponderò ad un'altra obiezione che mi si
fa, e che è la più grave, inquantoché non viene solamente da
quei banchi, ma viene altresì dai banchi dell'opposizione e pur
troppo, mi duole il notarlo, anche da alcuni miei amici dell'estrema
sinistra.
Si dice: infine in Africa ci siamo e bisogna restarci. Noi non
possiamo, dopo una sconfitta, andarcene via con le pive nel sacco!
Ora, signori miei, io capirei questo ragionamento, quando uno
qualunque di voi potesse venirmi a dire che quando avremo
accordato questi cinque milioni e mandato nuovi soldati in Africa,
saremo sicuri di vendicare l'onore d'Italia e di ritornare
gloriosi e trionfanti.
Ma io vi domando, o signori che sedete al banco dei ministri, a
voi onorevole Genala, che sbagliate di un miliardo (Commenti),
a voi onorevole Di Robilant,² che confondete quattro predoni con
un esercito agguerrito, potete darci voi questa sicurezza che,
quando avremo votato i cinque milioni, saprete rivendicare l'onore
d'Italia? (Bene! all'estrema. sinistra). No, o signori,
voi non mi potete dare questa sicurezza: ed io alla mia volta,
non vi darò un centesimo! (Rumori e risa ironiche).
Sì, lo capisco, siamo pochi noi quassù; il nostro ordine
del giorno è firmato da quattro soli, lo capisco; ma siate certi,
signori miei, che molto probabilmente, per non dirvi sicuramente,
il nostro ordine del giorno avrà maggiore eco nel paese che le
vostre pazzie africane, e tutte le vostre frasi di patriottismo.
(Oh! Oh! - Vivi rumori a destra).
Presidente. Onorevole Costa, ella non deve chiamare frasi le
manifestazioni di un sentimento che è nell'animo di tutti i suoi
colleghi. (Bene!).
Costa Andrea. Ho finito. Il nostro ordine del giorno è tanto
chiaro, che non credo abbia bisogno di ulteriore svolgimento.
Noi siamo convinti che esso corrisponda ai sentimenti della
grande maggioranza del popolo italiano che lavora e produce, e
che vi dà, alla fine, e gli uomini e il danaro ...
Voce al centro. Lo rappresentiamo tutti!
Costa Andrea. E, conchiudendo, mi riferirò ad una frase
pronunciata ieri l'altro dall'onorevole Baccarini, il quale in
questo ordine d'idee è molto dissenziente da me. Egli disse che
l'impresa africana è una impresa non nobile; or bene, noi,
francamente, per una impresa non nobile, non ci sentiamo di dare
né un uomo, né un soldo.
Richiamate le milizie dall'Africa (Rumori) e vi apriremo
tutti i crediti che chiederete, ma per continuare nelle pazzie
africane, noi non vi daremo, ripeto, né un uomo, né un soldo.
¹ Saati: paese vicino a Dogali
² Di Robilant, ministro degli esteri del governo Depetris, che
il 24 gennaio 1887, alla vigilia di Dogali, aveva dichiarato di
non dare importanza a quattro predoni abissini.