Cesare Cantù: Il cristiano e il bene del popolo
In questo romanzo di Cesare Cantù, comasco (1804-1895), si descrivono le esperienze di un immaginario operaio meridionale, Savino Sabini, immigrato nel bergamasco. Turbato anch'egli dalla questione sociale, trova aiuto, e conforto nella parola e nell'opera di illuminati sacerdoti sensibili alle sofferenze dei poveri. È un tipico esempio di paternalismo cristiano.
Se i signori si dessero pe' contadini tante premure quante, per esempio, se ne pigliano pel pranzo quotidiano, si stabilirebbe fra i possidenti e i coloni una comunanza d'affetti e d'interessi, profittevole a tutti. Principalmente potrebbero istruirli coll'esempio. Al contrario, la presenza dei signori torna per lo più di scandalo al campagnolo, o di urto al suo buon senso, mettendogli sott'occhio agiatezze ch'egli mai non ideò, raffinatezze che ledono la sua schiettezza campagnola. Che bel compito rimane a que' proprietari che, abbandonando i ditirambi e le elegie su i meriti e i bisogni del popolo, esercitano essi stessi per l'economia i loro poderi! Essi riconoscono più immediatamente in Dio gli stromenti della ricchezza, il sole, la pioggia, il calore; l'agiatezza non li corrompe, perché acquistata col lavoro; là semplici gusti... Consumano, e perciò alimentano l'arti e l'intelligenza, oltre versar capitali e cure sul campo; comprendendo che il ben essere sociale dipende dal piccolo comune, dalla chiesa, dalla scuola del villaggio, vi badano e s'affaticano a introdurre l'ordine, l'amor del miglioramento, il gusto delle comodità e soprattutto della mondezza; alla noncuranza, all'ignoranza, alla superstizione sostituisce dottrina, tolleranza, pietà soda ed efficace. Così i proprietari potrebbero trasformar facilmente una contrada, un'intera nazione. E quanto possono meritare coll'insegnare al contadino quali piante e come prosperino in un dato terreno (e i lavori agricoli)... Dovrebbero inoltre sviluppare in essi lo spirito di associazione individuale, inducendoli a unire il latte, le uve, il bestiame; avvezzarli a crescere gl'ingrassi, che coi capitali e colle braccia sono i fattori della ricchezza agricola. V'ha poi scienziati che le teorie e la chimica applicata alla fisiologia vegetale ed animale insegnano ai padroni e ai fittaiuoli sicché sappiano poi comandare ai coltivatori senza avventurarli a tentativi rischiosi e costosi... E se il clero capisse l'importanza della questione operaia, e vi applicasse non solo la carità, ma le più consentite dottrine; senza pregiudizi antiquati né utopie sovvertitrici esaminasse la cagione dei mali e i rimedi; penetrasse nelle grandi fabbriche; ne trattasse in pulpito; ispirasse carità ai padroni, pace e accordo agli operai; il distacco dalle famiglie correggesse con istituzioni morali; e per quanto i governanti ne attraversino la santa opera, perseverasse con zelo... Solo il cristianesimo ci obbliga ad amare gli altri come noi stessi e per amor di Dio; a non crederci lecito tutto quello che è possibile; reprime fin il desiderio, locché esso solo può fare perché divino; e così induce i ricchi a limitare i godimenti, i poveri a limitare le brame, a tollerar l'imperfezione de' mezzi adoperati dai ricchi. Esso addestra a ingegnosissima varietà di opere caritatevoli. Esso consacra la famiglia non come un contratto civile, ma come un sacramento, grande, indissolubile. Esso custodisce i costumi, non pubblicando i delitti e gli errori sui giornali per iscandalo, ma chiamando ad espiarli nel segreto: e imponendo la purità, viepiù necessaria per gli operai, bisognosi di economia, di salute, di ordine, di figliolanza sana e vigorosa. Esso compartisce gratuita l'istruzione assolutamente necessaria, quella che accetta un mistero per spiegare tutti gli altri, che c'informa della nostra origine e della nostra destinazione, del valor proprio, del rispetto dovuto ai fanciulli, alla donna, all'anima più che al corpo. Esso sa che poveri vi saranno sempre, che la maggior parte è costretta a guadagnarsi il vitto col sudore... l'operaio cristiano al salario che riceve aggiunge la contentezza di compiere un dovere, la fiducia di acquistare un merito presso un giudice che non discerne i ricchi dai poveri; che, infondendoci un desiderio inesplebile di miglioramento e di felicità, mostrò che tutto non finisce con la vita.
dal romanzo didascalico di Cesare Cantù, Portafoglio di un operaio... Libro di lettura e di premio, Milano, Agnelli, 1871, pp. 35-36; 166-170 e 283-288 (con tagli).