La musica secondo... Leonard Bernstein
"Voglio trasmettere tutto ciò che so della musica e ciò
che provo. Voglio destare nel pubblico la sensibilità e la
conoscenza, ma anche portarlo a comprendere la musica."
Leonard Bernstein
"O si migliora o si muore", disse Leonard Bernstein, ormai prossimo al settantesimo compleanno. Lui, l'artista rinascimentale ritrovatosi a vivere nel XX secolo, lui che - secondo le sue parole - aveva vissuto "almeno cinque vite", lui, la stella internazionale dalla gioia di vivere e di soffrire dell'uomo estraneo alle luci della ribalta, sembrava aver trovato, se non proprio la pace interiore, almeno un maggiore equilibrio.
Allievo di Fritz Reiner e Serge Koussevitzky, fu nominato direttore assistente della New York Philharmonic nel 1943 e diventò "il bambino prodigio americano" dopo aver sostituito Bruno Walter in un concerto del 14 novembre 1943. "Il più grande talento del secolo nel campo della direzione orchestrale", secondo Wilhelm Furtwängler, doveva più di ogni altro lasciare un'impronta nella storia musicale americana moderna come compositore, direttore e filosofo musicale. Proprio in lui, impregnato della tradizione ebreo-russo-europea, l'America trovò la sua identità musicale.
Sotto la sua egida la New York Philharmonic ha suonato in 942 concerti oltre 400 opere, fra cui più di un centinaio di prime esecuzioni di compositori americani.
Che venisse definito un artista poliedrico o un "camaleonte dal colore indelebile", ammirato o disprezzato come "stella dello spettacolo", chiamato "genio dell'esagerazione", che la sua spontaneità - o anche la sua stravaganza - le sue ardenti emozioni e l'impetuosità delle sue passioni provocassero risentimenti filistei: tutto ciò rivela il suo incommensurabile talento e spiega la perplessità di coloro che non riuscivano a capirlo semplicemente perché era troppo grande.
Difficile da comprendere, specialmente negli Stati Uniti, era lo spiccato soggettivismo di Leonard Bernstein. Egli si opponeva a quel realismo, a quel perfezionismo con cui le orchestre e i direttori americani si distaccavano dal soggettivismo romantico europeo trasformatosi in irrazionalità. Il suo interesse non era rivolto al funzionamento dell'apparato orchestrale e all'idea dell'esito positivo, ma sempre e soltanto al significato della musica. Malgrado si considerasse un contemporaneo della "età della paura" (così il titolo della sua Seconda Sinfonia), egli visse, senza mai cadere in una retorica candida e banale, nella speranza dell'ideale umanistico. Nel suo epitaffio su Leonard Bernstein, Joachim Kaiser ha citato una frase su Mozart pronunciata dal direttore scomparso: "E quando se ne andò dal mondo, esso era rinnovato, arricchito e benedetto dal suo passaggio."
Come nessun altro, Bernstein ha saputo spiegare il significato di Mahler per la coscienza moderna: "Cosa vide Mahler? Tre modi di morire: prima di tutto la sua morte incombente; poi la morte della tonalità, che per lui significava soprattutto la morte della musica. Le sue ultime opere sono un addio definitivo sia alla musica che alla vita. Infine la sua terza ed ultima visione: la morte della società, la morte di una cultura faustiana. Ed è proprio qui che risiede l'ambivalenza più affascinante in assoluto: mentre invecchiamo, dimostriamo la nostra maturità imparando ad accettare la nostra mortalità, senza mai peraltro rinunciare alla ricerca dell'immortalità."
Alcune frasi di Leonard Bernstein
I'm not interested in having an orchestra sound like itself.
I want it to sound like the composer.
Non sono interessato ad avere un'orchestra che suona come se
stessa. La voglio che suoni come il compositore.