La musica secondo... Conrad Klemm
Da un'intervista degli anni 80
Conrad Klemm sulla Alexander Technique. Il
grande flautista svizzero parla del metodo che per primo ha
portato a conoscenza del mondo musicale italiano.
di ELENA DALL'ARMI
Tensione, stress, disturbi psicosomatici,
malattie professionali dovute a un uso incontrollato del proprio
corpo, spesso costretto dalle circostanze e dall'abitudine a
posizioni forzate: se questa serie di disturbi si avverte in una
gran parte delle attività lavorative con conseguenze disagevoli,
nel caso in cui ci si trovi di mestiere a dover esprimere davanti
a un pubblico le proprie capacità creative avversità di questo
genere possono arrivare a distruggere una carriera o, nel
migliore dei casi, a renderla estremamente tormentata. Rivolgersi
alla scienza medica è spesso un tentativo inadeguato o
addirittura vano.
È quel che capita, alla fine del secolo scorso, al giovane
australiano Matthias Alexander, i cui continui abbassamenti di
voce minacciano di stroncare sul nascere una promettente carriera
di attore. Dopo consulti e terapie di ogni specie, Alexander
finisce per rendersi conto che l'unico rimedio efficace per far
ritornare normale la sua voce è il completo riposo e questa
constatazione lo porta a ritenere che il problema alla base del
suo disturbo sia di natura funzionale e non organica. Così, da
un'attenta osservazione del proprio corpo davanti allo specchio,
scopre di esercitare una innaturale pressione sulle corde vocali
con l'atto per lui abituale di spingere la testa indietro e il
petto in fuori.
Da queste premesse nasce e si sviluppa un lavoro di analisi e di
ricerca che lo porterà all'elaborazione di un metodo, la
Alexander Technique, valido per tutti. Partendo dal semplice
principio che "l'uso influisce sulla funzionalità", il
metodo insegna a operare uno "stop" ogni volta che si
avvertano situazioni di tensione e a sostituire progressivamente
un controllo cosciente ai riflessi automatici abitudinari per
arrivare a prevenire l'insorgere di complicazioni di natura
psichica e fisica dovuta a "malcomportamenti" e per
imparare nello stesso tempo a non perdere il controllo delle
proprie emozioni.
A Londra, dove si trasferisce col fratello nel 1904, Alexander si
dedica al perfezionamento delle sue teorie e getta le basi di una
scuola che troverà terreno fertile soprattutto negli ambienti
legati al mondo dell'arte e della musica. Anche molte
personalità illustri di ogni ambiente culturale, come G.B. Shaw,
Aldous Huxley, Dewey, Frank Piece Johns, si fanno entusiastici
assertori della sua ipotesi e numerosi tra i suoi allievi
continuano l'opera di divulgazione del maestro, tanto che oggi
esistono moltissime scuole di Alexander Technique, soprattutto in
Inghilterra, Svizzera e Israele, ma anche in Germania, Olanda,
Stati Uniti e molti altri paesi.
La relativa lentezza nella diffusione di una tecnica, che trova
in chi l'ha sperimentata una risposta estremamente convincente,
sta nel fatto che può essere appresa solo tramite un'esperienza
acquisita nel corso di lezioni impartite individualmente da un
maestro. In pratica questi ha il compito di individuare e
mostrare all'allievo in che misura pratichi un "ab-uso"
del suo corpo e come possa imparare a evitarlo sia in stato di
quiete che in piena attività. Queste informazioni devono essere
accompagnate da aggiustamenti manuali del corpo da parte dell'insegnante
e implicano l'apprendimento di una serie di "parole chiave"
da associare man mano a un nuovo uso cosciente e migliore dell'attività
muscolare. Forse il sistema può risultare un po' astruso nelle
sue linee teoriche, ma non è così nella pratica, tanto che può
essere insegnato con facilità ancora maggiore ai bambini. Alcune
decine di sedute possono essere sufficienti a imparare a
sfruttarne i vantaggi, mentre per arrivare a poteme trasmettere
la conoscenza occorrono almeno tre anni di studio presso un
"Centro di Formazione per Insegnanti". Il primo di
questi centri in Italia è nato nei pressi di Pisa lo scorso anno,
ma il merito di avere interessato e reso sensibile ai principi
esposti l'ambiente musicale italiano va attribuito al noto
flautista svizzero Conrad Klemm, docente del Conservatorio
Superiore di Winthertur e considerato uno dei "grandi
maestri" nell'insegnamento del suo strumento. A lui abbiamo
rivolto alcune domande pregandolo innanzi tutto di raccontarci la
sua esperienza personale.
Ho sentito parlare per la prima volta della
tecnica nel '64. Esercitavo la mia professione già da molto
tempo, quando mi recai in Francia durante le vacanze per
incontrare il mio ex-maestro Moise,
che ogni anno tornava dall'America nel suo paese natale, e in
quell'occasione ebbi modo di conoscere due giovani flautisti
israeliani, oggi membri dell'Israel Symphony Orchestra. Da loro
sentii parlare diffusamente della teoria di Alexander e degli
enormi benefici che questa poteva offrire soprattutto a un
musicista. Devo dire che, per quanto interessato, non fui
esageratamente colpito dai loro discorsi, anche perché, non
incontrando allora alcun particolare problema a suonare, non
potevo sentire la necessità di una tecnica che mi aiutasse a
superare le difficoltà. Rimasi comunque in rapporti di amicizia
con quei flautisti e così, quando due o tre anni più tardi,
trovandomi in Israele, presi la mia prima lezione di "Alexander
Techique" mi impressionò immediatamente dovermi accorgere
quante insospettate tensioni fossero dentro di me. E subito mi
convinsi della validità e dell'enorme utilità del metodo. Per
poterne proseguire l'apprendimento misi allora il mio studio
romano a disposizione di alcuni insegnanti che ogni tre o quattro
mesi venivano dall'estero per dare lezione non solo a me, ma
anche a molta altra gente. Questa iniziativa ebbe subito un
grande successo, risvegliando in particolare l'immediato
interesse dei membri dell'Orchestra di S. Cecilia, di cui ero
allora primo flauto. Per quel che mi riguarda mi convinsi ad
approfondire lo studio di questa teoria tanto da dedicare a ciò
tutto il tempo che mi era possibile "rubare" ai miei
impegni di lavoro e, dopo sette anni, nel 1977, finii per
conseguire il diploma di insegnante con quel magnifico maestro
che era Peter Scott, diretto allievo di Alexander.
Successivamente ho continuato a divulgarne i principi come mi è
stato possibile, tenendo conferenze sull'argomento, insegnandoli
inizialmente io stesso e continuando a chiamare altri maestri in
occasione dei corsi di perfezionamento dello strumento che tengo
ogni anno in Italia, Svizzera e Austria.
In cosa consistono i principi di Alexander?
È un po' difficile spiegarlo astrattamente. La vita quotidiana ci sottopone a pressioni di ogni genere, ci costringe continuamente a correre ed è difficile sottrarsi agli stress: veniamo sempre spinti verso la tensione, mai verso la distensione, e questo si ripercuote inevitabilmente sul fisico. Chi per esempio suona uno strumento per ore e ore cercando di raggiungere un risultato, di solito, se non riesce, affronta il problema sempre con più aggressività e quindi con maggior tensione, continua a prestare attenzione a "cosa" sta suonando piuttosto che a "come" sta suonando: da ciò derivano nel tempo infiammazioni nel collo, mal di schiena, mal di testa cronici e altri disturbi, oltre a una riduzione inevitabile della funzionalità. Anche le emozioni, tanto quelle migliori come la gioia, quanto quelle deteriori come la paura, provocano delle contrazioni muscolari istintive. Queste possono influenzare molto negativamente il coordinamento armonico dei movimenti, o quanto meno risultare eccessive. La Tecnica Alexander insegna a eliminare le tensioni inutili, a esercitare un dominio cosciente sulle emozioni e sulle reazioni istintive. Alexander non si è soltanto reso conto dell'importanza fondamentale del giusto coordinamento tra la testa, il collo e la schiena, non si è limitato a teorizzare che solo con un collo libero la testa può galleggiare sulla spina dorsale e solamente con un collo libero la colonna vertebrale si può aprire, allungare e allargare liberamente; la sua opera geniale è stata l'elaborazione di un insegnamento che sia possibile trasmettere ad altri tramite il linguaggio delle mani. Lo si realizza attraverso una forma di comprensione interna, una sorta di introspezione di base, ma a differenza di altre discipline non è necessario porre alcuna giustificazione di carattere filosofico, etico o religioso alla radice di questa scelta. Anzi, per dirla con le parole di Alexander, si può spiegare a un ladro il modo di diventare un ladro più efficiente. È pur vero che l'enorme benessere psicofisico che si riesce a conquistare dilaga in un certo senso anche nello spirito, ma questo dipende esclusivamente dall'individuo.
Come spiega la particolare fortuna incontrata nell'ambiente musicale da un metodo che è stato elaborato in modo tale da essere valido per chiunque?
Naturalmente i problemi legati al coordinamento dei movimenti sono maggiormente sentiti da chi, come i musicisti, ha bisogno di un pieno dominio della propria gestualità per potersi esprimere al meglio. Troppo facilmente si addebita all'età l'insorgere di inconvenienti di natura fisica che finiscono per limitare le proprie capacità tecniche, mentre è possibile riuscire a evitarli attraverso un lavoro di comprensione di se stessi che deve iniziare molto prima, quando cioè le difficoltà ancora non esistono. Non bisogna però pensare di potersi in tal modo scoprire doti inesistenti, perché seguire questo metodo non insegna a suonare meglio, ma mette nelle migliori condizioni per poter sviluppare le proprie potenzialità e poterne usufruire fino in fondo in quel determinato momento. Percorrendo poi questa strada, ci si accorge che non è importante solo il risultato pratico raggiunto, ma anche e soprattutto il cammino percorso per arrivarci.
Partendo dalla sua vasta esperienza di musicista e di insegnante, cosa in particolare vorrebbe far sapere ai giovani?
Vorrei premettere innanzi tutto che
generalmente chi suona bene è portato ad avere naturalmente un
comportamento abbastanza corretto. Ci si esprime anche attraverso
l'uso delle braccia, delle mani, delle spalle: è quindi logico
che si presti una certa attenzione ai propri movimenti. Questo
non è purtroppo sufficiente, perché una volta imboccata una
strada sbagliata c'è il rischio di accorgersene solo dopo molti
anni, quando diventa arduo porvi rimedio.
Per questo è indispensabile per i giovani artisti, per i giovani
musicisti agli inizi, riflettere per tempo sulla propria
funzionalità psicofisica perché questa diventerà lo strumento
imprescindibile della propria futura professione.
La tecnica Alexander offre un valido mezzo per controllare questa
funzionalità. Dei moltissimi giovani che ho visto avvicinarsi al
metodo, una gran parte ne ha capito l'importanza fin dalle prime
lezioni, anche se i risultati che ha prodotto sono di difficile
valutazione perché si avvertono nel tempo e dipendono molto
dalla volontà, dalla costanza e dal grado di convinzione dell'individuo
nel metterne in pratica i principi.
La mia ferma convinzione della validità di questa teoria deriva
senz'altro dai riscontri enormemente positivi che ho potuto
verificare direttamente su me stesso, ma perché questa
esperienza non paia troppo limitata vorrei aggiungere che in
alcuni casi ho potuto notare negli allievi trasformazioni tali da
apparire veri e propri miracoli.
Conrad Klemm |
Conrad Klemm durante una lezione con Patrick MacDonald |