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Accesso Internet

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Gratis su internet

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Posta elettronica


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Telecamere sul Web

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Traduttori On Line

Babylon - EuroDicAutom (Traduttore sul sito ufficiale della Comunità Europea) - Inter.net (Traduttore Inglese-Italiano e Italiano-Inglese)


Come proteggere la privacy

1) IMPARARE AD USARE LA COPIA NASCOSTA.

Tutti i più diffusi programmi di posta elettronica hanno, fra i campi riservati all'inserimento del destinatario, l'opzione Bcc (o Ccn, rispettivamente Blind Carbon Copy o Copia Carbone Nascosta). Tutti gli indirizzi inseriti in quel campo non verranno mostrati agli altri destinatari. Quindi, se dovessimo aver bisogno di trasmettere un messaggio a molte persone, è buona norma inserire il proprio indirizzo nel campo destinatario, gli altri indirizzi nel campo Bcc. Il messaggio apparirà quindi inviato esclusivamente al nostro indirizzo. Questo perché qualcuno potrebbe recuperare gli indirizzi da noi incautamente inviati "in chiaro" e farne uso (gli elenchi di indirizzi hanno, nel sottobosco di Internet, un discreto valore monetario), con scopi che possono sortire conseguenze diverse, dal semplicemente importuno al decisamente fastidioso (può essere l'inserimento in una mailing list di una ditta che vende aspirapolveri come l'inclusione nella rubrica di personaggi loschi, e solo la fantasia può far immaginare quanti e quali giri può fare in poco tempo un indirizzo in Rete).

2) CONTROLLARE COSA SI INOLTRA.

A tutti noi arrivano, ogni giorno, avvertimenti e appelli di ogni tipo, dall'avviso di un nuovo, temibile virus alla richiesta di solidarietà per un bambino malato. Non esiste una ricetta per stabilire, a colpo d'occhio, se si tratti di segnalazioni reali o meno. Neanche il fatto che vengano da un amico o da persona di fiducia (potrebbe essersi ingannato a sua volta, in buona fede) o che siano citate, nel corpo del messaggio, istituzioni o aziende di chiara fama (ovviamente non è necessario il loro parere se qualcuno le vuole citare a sproposito). Un metodo empirico ma efficace può essere quello di inserire il titolo del messaggio o altra parola o gruppo di parole chiave (il nome del presunto virus o il nome del bambino per cui si chiede aiuto) in un motore di ricerca cosiddetto "full text", che effettua la ricerca sull'intero contenuto della pagina e non soltanto per parole chiave o per categorie indicizzate. Uno di questi motori è Google (www.google.it). Dal risultato si potrà capire se vale la pena di segnalare la notizia ai nostri corrispondenti. Un suggerimento: se nel risultato di ricerca vi sono siti in inglese e si ritrova la frase "this is an hoax", cestinate il messaggio e avvisate, se volete, il mittente della non veridicità dell'informazione: "hoax" è sinonimo di "bufala". E non passate troppo tempo a interrogarvi sulle motivazioni di chi crea gli "hoax": spesso l'origine si perde nei meandri della Rete, e può trattarsi di uno stupido scherzo fatto da qualcuno che ha voglia di vedere fin dove riesce ad arrivare, di un eccesso di zelo o di una reale segnalazione, nel frattempo divenuta obsoleta. Quest'ultimo caso si applica, in particolar modo, agli appelli di solidarietà, a cui è bene fare estrema attenzione: chi chiede aiuto per un malato non ha certo piacere a vedere il suo appello girare per la rete per mesi o anni dopo l'esito della malattia, fausto o infausto che sia.

3) NON RISPONDERE AGLI SPAMMER. Buona parte dei messaggi indesiderati che riceviamo vengono spediti assolutamente a caso, a combinazioni di nomi, lettere e/o numeri che, per scherzo della sorte, finiscono per coincidere con il nostro indirizzo. I veri professionisti dello spam cominciano a scrivere al signor luca@provider.it, e vanno avanti con luca1@provider.it, luca71@provider.it e via discorrendo. Ma ovviamente una email inesistente non ha nessun valore, su questo peculiarissimo genere di mercato. È quindi costume diffuso concludere il messaggio con l'avviso "se non desiderate ricevere più messaggi da noi, scrivete a questo indirizzo". Nella maggior parte dei casi, la risposta servirà solo a farsi identificare come "esistente", ed essere quindi bersaglio di ulteriori, più mirati messaggi, Ovviamente le aziende "serie" hanno davvero un indirizzo per essere rimossi dalle liste alle quali ci si è iscritti per sbaglio o per interrompere l'invio di informazioni alle quali non si è più interessati: basterà un po' di esperienza e l'immancabile buon senso per poter discernere.

4) INDIRIZZARE CORRETTAMENTE LE RISPOSTE.

Primo caso: arriva una email indesiderata indirizzata a noi e ad altri dieci, cento, mille sventurati, ovviamente con gli indirizzi di tutti in chiaro (qualcuno che non ha ancora imparato il punto 1). È evidentemente inutile spedire i nostri insulti, oltre che al mittente, anche agli altri dieci, cento, mille. Facile immaginare le conseguenze: lo spammato, sentendosi anche insultato, insulterà a sua volta (spedendo a tutta la lista, neanche a dirlo), e da lì la ridda di botta e risposta assumerà volumi esponenziali, fino a collasso delle mailbox e della pazienza dei dieci, cento, mille (non certo dello spammatore iniziale, che se ha abbastanza faccia tosta per fare spam non si turberà ne per gli insulti ne per il bailamme da egli stesso ingenerato). Secondo caso: ci iscriviamo a una mailing list a cui, dopo un tempo variabile, non siamo più interessati, o l'amico premuroso di turno ci iscrive a una mailing list di cui non ci importa nulla. Anche in questo caso, non ha molto senso spedire messaggi più o meno minacciosi in lista, dove sarebbero letti (e non particolarmente apprezzati) solo dagli utenti della lista stessa. L'unico modo per lasciare una lista è inviare i comandi relativi al gestore automatico della lista (Majordomo o Listserver, quindi non in lista, naturalmente), comandi e indirizzo che troveremo nel messaggio di benvenuto in lista (e che dobbiamo sempre conservare) o scrivere in privato al gestore della lista.

Per concludere, una curiosità, forse un po' inquietante: prima di arrovellarci, chiedendoci dove lo spammer abbia trovato il nostro indirizzo, proviamo a fare una ricerca con un motore come il già citato Google, che cerca nel testo delle pagine. Scopriremo che il nostro indirizzo è lì, sotto gli occhi di tutti, perché magari una volta abbiamo scritto una lettera a una rivista che ha anche una versione Web, o siamo intervenuti in una discussione all'interno di una mailing list che tiene i suoi archivi online. E la ricerca degli indirizzi sul Web è una di quelle più proficue, per gli spammer (esistono anche software appositi).


Lato oscuro di Internet - Le insidie dello spamming
Catene di Sant'Antonio e truffe telematiche
di Guido Castellano e Elena Porcelli (Panorama 16/4/2003)

Richieste di aiuto per bimbi malati, cuccioli da salvare, cure miracolose. Tra i tanti appelli disperati lanciati ogni giorno via email, solo pochi sono veri. Gli altri nascondono raggiri.

Invia questo messaggio a tutti quelli che puoi, perché Samantha ha veramente bisogno d'aiuto.
Oggetto: leucemia. "Se cestinerete questa posta elettronica non avete cuore". Su 20 email scaricate ogni mattina, almeno 13 sono catene di Sant'Antonio. Consigli miracolosi per dimagrire o potenziare le performance sessuali, ma più spesso richieste disperate d'aiuto. La maggior parte arrivano da perfetti sconosciuti, ma molte, quelle che fanno leva sul senso umanitario delle persone, arrivano da amici che, impietositi dal testo del messaggio girano il contenuto a tutti quelli che conoscono.

Ma chi sono queste persone che hanno bisogno d'aiuto? Esistono davvero o sono storie inventate, le cosiddette "bufale"? Un appello diffuso su internet come una catena di Sant'Antonio può davvero aiutare qualcuno?
Una storia vera e a lieto fine è quella di Rocco Raniti, ragazzo di 16 anni della provincia di Vibo Valentia, affetto dalla sindrome di Escobar, una rara malattia genetica. All'inizio di gennaio 2002 era in fin di vita.
I genitori hanno lanciato un appello attraverso i mass media, il sito http://www.escobar.it e una catena di e-mail. Grazie all'abbraccio collettivo dell'opinione pubblica, Rocco è stato ricoverato nella Clinica Maugeri di Pavia, all'avanguardia nelle terapie per il suo male. "Ora sto molto meglio" dice il ragazzo, "ho ripreso la scuola e torno a Pavia ogni tanto per i controlli". La catena di email però non si è fermata, anche se ormai non serve più. "Ricevo ancora" racconta "tante lettere, che mi fanno molto piacere".

Ma non sempre le cose vanno così bene. Daniele Brandani il 3 marzo 2000 ha diffuso su internet una richiesta d'informazioni mediche per la figlia Lucia, due anni, un cancro e poche settimane di vita. Il messaggio continua a circolare, malgrado la bambina sia morta il 30 aprile dello stesso anno. Negli ultimi due anni gli sono arrivate 12 mila risposte, in tutte le lingue, ma ormai, purtroppo, servono solo a rinnovare il suo dolore. "Qualcuno, prima di inoltrare, ha cancellato la data che avevo scritto nel testo, chissà perché" si chiede Brandani.
"Quando Lucia è morta ho scritto una seconda lettera, per fermare la catena, però non è stata diffusa con lo stesso entusiasmo". Se potesse tornare indietro, scriverebbe di nuovo l'appello? "I medici avevano detto che non c'era più niente da fare. Mia moglie e io abbiamo voluto tentare di tutto, con lo stesso stato d'animo di chi va a Lourdes. L'appello per Lucia è stato il nostro viaggio della speranza".

Non sempre chi sembra firmare un'email ne è davvero l'autore. Sabrina Lozzo di Roma, per esempio, si è commossa per le foto di sette cagnolini arrivate via internet. "Adottate questi cuccioli di golden retriever" diceva il testo che le accompagnava "o saranno soppressi entro due settimane".
Per abbreviare la catena, nel caso di una risposta positiva, la signora ha aggiunto al messaggio il proprio nome e numero di telefono. È stata tempestata di centinaia di chiamate. "C'era chi voleva adottare i cuccioli" racconta "e chi mi insultava pensando che fossi io a volerli uccidere". Altri devono aver fatto lo stesso errore, perché foto identiche circolano in rete con vari recapiti. "Tanto amore per gli animali" continua Lozzo "fa piacere, però io ho proposto a quelli che telefonavano di adottare dei bastardini e nessuno li ha voluti". Per forza, un golden retriever costa circa 900 euro. È inverosimile che qualcuno ne regali sette o li sopprima, buttando via più di 6 mila euro. Nei siti animalisti sono infatti apparse delle smentite. "I golden retriever" si legge "sono nati il 6 ottobre del 2001, stanno tutti bene e non sono più cuccioli da un pezzo".

Il professor Giorgio Lambertenghi Deliliers del Policlinico di Milano cura la leucemia. La sua firma, con l'indirizzo dell'ospedale, circola in un messaggio che prega di diffondere il poetico testamento spirituale di Sara, una bambina malata proprio di leucemia. "Io non ho mai sottoscritto quella lettera" dice il medico "l'ho ricevuta e inoltrata solo a tre persone, verso la fine di marzo 2001 per chiedere chiarimenti, dato che mi lasciava molto perplesso. Non ho idea di chi e perché abbia aggiunto i miei dati personali".

Dietro tutte queste catene di Sant'Antonio c'è qualcosa di sporco. Qualcuno punta a raccogliere gli indirizzi di posta elettronica per inviare spam, approfittando del nome autorevole di medici come Lambertenghi Deliliers o sfruttando lo slancio umanitario di chi riceve richieste d'aiuto o la semplice voglia di qualche buontempone di fare uno scherzo.
Il reparto del professor Lambertenghi è stato inondato di lettere, pacchi regalo e telefonate, perché molti hanno pensato che la piccola Sara fosse ricoverata lì. "Tanta solidarietà, molto male incanalata" racconta il medico "verso una bambina immaginaria. Chi vuole aiutare davvero i miei pazienti può farlo attraverso le associazioni Ail (064403763), Admo (0239000855) e la Lega italiana per la lotta contro i tumori (800-422412)". La bufala è stata smentita da alcuni giornali e per qualche tempo le risposte sono diminuite. "Ma di recente" continua il professore "hanno preso ad arrivare lettere rivolte a Sara Lambertenghi. L'immaginazione della gente è infinita, ora pensano che Sara sia mia figlia".

"Se non inoltrate questa mail siete veramente senza cuore" cominciava così il messaggio ricevuto da Sara Varano nell'aprile 2002. Si tratta di un'altra bufala per raccogliere indirizzi elettronici, partita dall'America e firmata da George Arlington, un personaggio inesistente. La dottoressa Varano ha commesso un errore: l'ha inoltrato dall'Istituto Superiore di Sanità a Roma, dove era appena stata assunta. Non sapeva che il suo computer avrebbe inserito automaticamente il nome e il telefono dell'Istituto in tutte le email. Per giorni il centralino è stato intasato dalle richieste di chiarimento e la Varano ha rischiato il posto di lavoro.

Come fare quindi a capire se i messaggi che riceviamo sono veri o prese per i fondelli? "Magari non finirete nei guai" dice l'esperto di informatica Paolo Attivissimo, ma inoltrare tutto quel che vi passa per il computer può provocare disagi ad altri e una pessima figura".
Sul suo sito http://www.attivissimo.net questo "certificatore di bufale" elenca le istruzioni per riconoscere le email vere da quelle fasulle. In più elenca tutte, ma proprio tutte, quelle che sono in circolazione dividendole per categoria. Altro sito dove si possono trovare moltissime informazioni interessanti su quelle che gli esperti chiamano "hoax" (ossia burle) è www.hoax.it
E se qualche conoscente continua a intasare la posta elettronica con appelli infondati? Se siete buoni potete spedirgli l'esilarante parodia di una catena di Sant'Antonio che trovate inserendo le parole "Arild Ovesen" in qualsiasi motore di ricerca.

GLI SHERLOCK DEL WEB
Per scoprire se la catena di Sant’Antonio ricevuta via e-mail è una bufala basta collegarsi a uno dei seguenti siti che classificano questi messaggi.

http://www.attivissimo.net
http://www.hoax.it
http://www.voicebuster.it
http://leggende.clab.it
http://urbanlegends.
http://www.museumofhoaxes.com
http://www.vmyths.com
http://www.chainletters.net
http://www.chainletter.org


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