MADRIGALI

DI

GIOVANNI BATTISTA LEONI

 

 

 

 

 

 

 

ALL’ILLUSTRISSIMO

SIGNORE

MONSIGNORE GIULIANO

dalla Rovere, etc.

 

Perché alcuni di questi Madrigali, che poco accortamente questi mesi addietro io mi sono lasciati uscir di mano, se ne vanno attorno acquistando qualche deformità alle loro naturali imperfezioni, ho convenuto però quasi astretto da paterna carità, accompagnandoli con alcuni loro fratelli, lasciarli più legittimamente andar attestando al Mondo, che s’io non son buon Poeta, son ben uomo fragile come gli altri. E questa pubblicazione ho voluto arditamente onorarla e onestarla col nome di vostra Signoria Illustrissima, alla quale dedicando io questi miei oziosi e incontinenti parti, vengo senza dubbio a preservarli da quelle note che altrimente riceveriano per se soli. Perché non sarà alcuno che vedendoli raccomandati, e per avventura graditi da vostra Signoria Illustrissima per abito e per professione costituita in superiorità Ecclesiastica e per natura risplendente d’eroica e Serenissima Nobiltà, non solo non li accusi, ma non li stimi molto in grazia di lei. La supplico per tanto ad ammettermi benignamente la prosunzione di questo artificio, e ricever volentieri nel dono l’obbligata e antica reverenza del donatore. Il quale con perpetua devozione verso la persona di vostra Signoria Illustrissima e della Serenissima casa sua, sì come ardisce di procurar lode agli errori suoi col nome di lei, così desidera di onorar ancora la sua vita col servirla; e reverentemente le bacio le mani.

Di Vostra Signoria Illustrissima

         Umilissimo Servitore

                  Giovanni Battista Leoni.


1

 

Scusa di amorosa incontinenza nelle presenti rime

 

Quella cieca d’Amor fiamma vorace

Che m’arse il core e traviò la mente,

Ecco che non ancora estinta giace,

Anzi nel gelo altrui fassi più ardente;

E da contrari affetti

Agitata sovente

Del mio folle sperar rende maggiori

E più dolci gli ardori.

Muse, voi che i pensier, l’opere, i detti

Reggeste un tempo, e gli amorosi errori,

Se guidaste l’ardire

Pubblicate il pentire;

Poiché di questo mio vano disio

La colpa è vostra et il pentirsi è mio.

 

 

2

 

Violenza amorosa in bellezza umana

 

Qua giù quanto mirate

Voi tanto innamorate.

Né può de’ sguardi vostri

Fuggirsi ormai la cara violenza;

Son Cieli gli occhi, Amor l’intelligenza.

Anzi né voi potete

Non ispirar amor ne’ petti nostri;

Poiché per noi bear solo vivete,

E l’anima del Mondo al Mondo sete.

 

 

3

 

Dolcezza terrena sembianza della divina

 

Dal bel che in voi si vede,

Il bel del Ciel si riconosce e crede;

Anzi quel ben si gode e si comprende,

Che qua giù non s’intende.

Mentre raggio divino

Sì vivamente in voi riluce e splende,

Che d’amor improvviso e pellegrino

Lieto il Mondo si accende.

Onde altri vive in voi e voi vivete

Per altri ravvivar, e così sete

De l’eterna bontà splendor fecondo

Simulacro del Ciel, vita del Mondo.

 

 

4

 

Principio d’amore in una rappresentazione di tragedia

 

Già fur quegli occhi, e quell’altero viso

De la Tragedia mia scena amorosa,

Or sono il mio terreno Paradiso,

Dove contempla e posa

L’anima innamorata:

Tragedia fortunata,

Anzi felice sacrificio, ond’io

Nel proprio foco, sacerdote Amore,

Vittima fui del bello Idolo mio.

O mi’ alma, o mio core

Lieti languite pure

Sperando alte venture,

Poiché d’alma beltà le grazie tante

Ne le Tragedie altrui mi fanno amante.

 

 

5

 

Incontro improvviso della cosa amata

 

Volgi i passi e i pensier, timido amante,

Sicuro pur dove ti chiama o inclina

La virtù non errante

Del tuo terreno Ciel; che non s’adora

Senza il consenso suo cosa divina.

Segreta violenza t’innamora,

Non bassa elezion de la tua mente;

Così non opri tu, rapito vai

Ad incontrar sovente

L’aura vital de gli amorosi rai.

Così propizie al viver tuo son quelle

Adorate da te lucenti stelle.

 

 

6

 

Scherzi de occhi, di labbra e di lingua.

 

Tempra nel foco de’ begli occhi Amore

I suoi strali oggidì Fabbro et Arciero;

Et a i rubini ardenti,

Dove adduce talor nettareo umore

Cara nube vezzosa e pellegrina,

Gli arruota poi; quindi deluso il fiero

Tiranno al cor mentita gioia arreca

In vece di tormenti;

Et mentre l’ira cieca

Superbo rinvigora e l’armi affina,

Raddoppiando così colpi mortali,

Son le ferite sue piaghe vitali.

 

 

7

 

Febbre Quartana in bella Dama

 

Ahi del nostro sperar fede tradita,

Ahi de l’alma Natura

Custodia cieca, inutile e mentita.

Come potrassi ormai l’umana cura

Più confidare in lei,

S’ella cede le pompe e gli onor suoi

A sacrilega febbre per trofei.

Vittoria ingiuriosa, ardir profano;

Osi ben, ma non puoi

Oltre condurre a l’usurpato segno

Del mio bel sol l’egro trionfo indegno.

Vinto langu’egli sì, ma però in vano

Maligna eclisse il santo lume offende,

Che malgrado di lei anco risplende;

E può al mio cor co’ languidetti raggi

Compartir grazie e vendicar gli oltraggi.

 

 

8

 

Privazione insolita della vista della cosa amata

 

Giorno infausto e mendace

D’onor, di luce privo;

Questo lume fallace

Col quale il Mondo inutilmente desti,

Ecco che semivivo

Spiega senza il mio Sole i raggi infesti.

O giorno no, ma torbida infelice

Notte cieca et amara.

Miro ben io, ma nel mirar m’avveggio,

(Misero) o ch’io non vivo o ch’io non veggio.

O fida, o beatrice

Scorta dell’alma mia beata e cara,

Deh vieni, e rendi ormai col tuo ritorno

La vita a me, l’intiera luce al giorno.

 

 

9

 

Nel medesimo soggetto

 

Occhi miei non vedete,

E però voi piangete?

Violenza non è questa, o rigore,

Ma giustizia d’Amore:

Perché se voi peccaste

Voi per voi stessi ancora soddisfate;

Se già sguardi rubaste,

Or lagrime pagate;

E se ’l furto vi fu già grato tanto

Or rendetelo pur converso in pianto.

 

10

 

Nel medesimo soggetto

 

Occhi, si nega al core

L’usato cibo, et ora

Piangendo racquistar credete poi

La vita a me, l’amata luce a voi?

Se ’l nostro Sol che l’altro Sol onora

Occulto stassi, in van vi raggirate,

In vano lagrimate;

Se non che ben potete

Afflitti come sete

Giovarmi ancor, versando pronti fuora

Crudel ministri di servizio pio

Con le lagrime vostre il viver mio.

 

 

11

 

Rossore improvviso nell’amata

 

Questo cinabro ardente,

Ch’in real volto fiammeggiando avvampa

D’amoroso splendor la Terra e ’l Cielo,

È di colpa mortal segno innocente.

Questi vestigi erranti,

Che fiamma occulta rosseggiando stampa

Nel bel rigor dell’ animato gelo,

Son di casta pietate indizi amanti.

Or che farassi Amor? ferito inanti

Al feritor convinto avrò a perire?

Crudel poi che consenti

Nol nego, io vo’ morire.

Ma queste labbia almen sian gli stromenti,

Perché sia foco o ghiaccio quel ch’io veggio,

Baciar quivi e morir altro non chieggio.

 

 

12

 

Nel medesimo soggetto

 

Questo rossor ch’io veggio

Lampeggiar improvviso

(Ben mio) nel vostro viso

È de l’incendio del mio core istesso

Un leggiadro reflesso.

E sì come oggi il Mondo e la Natura

Vede e consiglia in voi

Quasi in vivente specchio i pregi suoi

In voi così procura

Che la sua fiamma Amore

Visibilmente ancor s’ami, e s’adore.

 

 

13

 

Contemplazione amorosa

 

Cibo de l’alma è ben la cara luce,

Ma del misero cor esca e veleno,

Perché qualora Amor mi riconduce

Ad adorar il mio bel Sol terreno,

Quasi in cavo cristallo, occhi dolenti,

Stringonsi i raggi ardenti;

E accendon poscia l’amoroso ardore

Ne l’opposito core,

Che sol si nutre e pasce,

Tormentata Fenice,

De la fiamma che in lui cresce e rinasce.

Così nel mio penar vivo felice,

E dolcemente poi

L’alma gode, arde il cor, piangete voi.

 

 

14

 

Sogno amoroso

 

O Sonno, o della Morte

Misteriosa e desiata imago,

De la Notte e de l’Ozio amato figlio;

Forse de la mia sorte

Nunzio lieto e presago

M’apri coi sogni tuoi qualche consiglio?

O de l’alma innocente

Errori gloriosi,

Oracoli amorosi,

Dove sempre è ingannata e non si pente

L’innamorata mente.

Se l’alternar del placido riposo

M’è al fin grave e noioso,

E che ne la sembianza del morire

Sol mi avvenga gioire,

Ormai del mio servir, de la mia fede

Sia l’eterno dormir sola mercede.

 

 

15

 

Elemosina di bella Dama

 

Io pur veggo infelice ch’altri chiede

Et impetra mercede;

Né perché umil e supplice io mi stia

Mendico amante, a quest’afflitta vita

Chiedendo alcuna aita,

Egli avviene però (spietato Amore)

Che pietà si aggia a la miseria mia.

O di Tantalo assai pena maggiore:

Ne l’avaro abbondar quella rinasce,

Ma il fuggitivo cibo altri non pasce;

Non son mendico io sol che langue e prega,

Pur dassi ad altri, e a me si mostra e nega.

 

 

16

 

Nel medesimo soggetto

 

La bella man che la mia vita regge,

Meraviglie d’Amore,

Nuda dona et inerme i petti impiaga;

Anzi in un tempo stesso

Quel che a l’un è mercede a l’altro è piaga.

O mio trafitto core,

Tal folgore omicida

Fra nutritiva pioggia il Ciel disserra;

Et avvien ch’altri ancida

Nel fecondar la terra.

Ma poi che pur di viver m’è concesso

Del ben altrui piagato spettatore,

Misero amante, goderò che sia

La man crudele a me, che ad altri è pia.

 

 

17

 

Detestazione del timore in amare

 

O neghittoso et importuno figlio

Di mentita prudenza; o del periglio

Infausto messaggiero;

Indegno Consigliero

De l’onor et d’Amore,

Infelice Timore!

Quanto fora miglior de la licenza

Dolersi, oimè, che de la negligenza!

Io piango il danno certo

Del tuo consiglio incerto;

Piango quella innocenza

Ch’esser doveva un generoso errore.

Ma se ’l giusto dolore

Non potrà di pietate acquistar merto,

Avrò mal grado tuo pur tanto ardire,

Che al fin potrò morire.

 

 

18

 

Riso e sguardi amorosi

 

Ecco languirvi inante

Il fulminato cor piagato et arso

Da la stessa pietate

Del vostro clementissimo sembiante.

Dolcemente mirate,

Dolcemente ridete,

E così dolcemente m’uccidete.

Pur non posso né viver, né morire;

Perché mi risanate col ferire,

E nel sanar porgete

A queste piaghe dolcemente acute

Omicida salute.

O benigna cagion del mio languire,

Voi Giove sete, e Cielo è il vostro viso,

Folgori gli occhi son, baleni il riso.

 

 

19

 

Resiste bella dama a pubblico sonno

 

Quasi Sol che tramonte

Son d’ostro aspersi, tumidetti e gravi

Gli occhi, tua scorta, Amor, mie fide stelle

Che con placido occaso invido sonno

Tenta pur d’oscurare

De le palpebre lor ne l’Orizzonte;

Ma vacillanti, oimè, girando ponno

Con mille languidetti error soavi

Non dormir, ma ferire

Nel medesmo languire.

O quanto inferme più tanto più belle

Luci beate e care!

Ahi che ’l penar è mio, vostro è il gioire.

Né voi patite occaso; io che mi pasco

Del vostro lume in voi moro e rinasco.

 

 

20

 

Fissa contemplazione amorosa

 

Ape son io, che sussurando intorno

Coi miei sospiri a i gigli et a le rose

D’una celeste eterna primavera,

Tento, ardisco e m’aggiro,

Volo, rivolo e miro

L’esca vital che Amor quivi compose;

Né basto tanto ad impetrarne un giorno,

Che possa nutrir l’alma, onde non pera.

Avara crudeltà d’empio Signore,

Negar cibo a chi more?

Lasso, e quel cibo stesso,

Amor, che m’hai promesso?

Ma s’ape io son, volgasi in questo core

L’aculeo; e sangue traggasi e non mèle,

Et in me sia pietà l’esser crudele.

 

 

21

 

Ritratto di cosa amata in Cera

 

Fragil vetro, vil cera, arido legno,

Ingiustizia d’Amor, dunque fia degno

Di posseder intera

Del caro Idolo mio l’effigie vera?

O privilegio indegno;

Dunque fia quest’onore

D’altri che del mio core?

Sciocco e breve diletto

Di portentosa voglia.

Ah non fia vero mai (ben mio) ch’io voglia

Scolpirti altrove più, che in questo petto;

Né ch’io procuri (oimè) vederti tanto

Sorda et inesorabile al mio pianto.

 

 

22

 

Al fiume della Brenta

 

Sì come rappresenti

A quest’occhi dolenti,

Fiume pietoso, l’infelice imago,

Forse, perch’io mi penti

Di penar et d’amare;

Ahi che pietà maggiore

Fora in questo tuo sen liquido, e vago

Di conservarla sì ch’in grembo al mare

Deposta poi, fosse a chi questo core

Lacerar si compiacque

Spettacolo d’Amor in mezzo a l’acque.

Ma, lasso, che ’l dolore

Che da questi occhi in te piove e descende

L’effigie turba, e la pietà contende.

 

 

23

 

In esto amoroso

 

Inutil pianta in derelitto campo

A se stesso vivea

In questo petto il cor negletto e inculto;

Quando Amor, che così non ne traea

Forse gli usati frutti,

D’ogn’altro ben troncogli i rami tutti;

E novello virgulto

Con profonda ferita

Innestovvi d’altissima speranza.

O di colpo mortal piaga felice,

Se a l’innestato cor non manca aita.

Ma se sparisce il Sole, ond’egli ha vita,

Ahi, che breve fia ’l tempo che gli avanza;

E lo vedrem giacer su la radice

Cadavero d’Amor, tronco infelice.

 

 

24

 

Gelosia di custode

 

D’insana gelosia ministro infame,

Empio rigor, potrai

Impedirmi il veder, l’amar non mai.

Veglia e t’aggira pur, Argo importuno,

Che s’io vivrò digiuno

Del mio cibo amoroso,

Tu non avrai riposo.

O di vil servitù mostro fedele,

Dubitando del canto

Ti preservi dal sonno col mio pianto?

Ahi d’iniqua pietà zelo crudele:

Serba e nascondi pur, custode ingrato,

Il mio tesor, ch’io pur vivo, amo e spero;

Ma tu vivi, odi, e temi, e vai beato

De le ricchezze altrui mendico altero.

 

 

25

 

Nuovo amore

 

In te mio nuovo Sole

Io provo et assicuro Aquila amante

Del mio fermo disio l’incerta prole.

De’ tuoi raggi amorosi al corso errante

Lion son io, segno felice e noto.

Così la forza e ’l volo

Che da te viemmi solo

A te consacro ancor pronto e devoto;

Et Aquila e Lion al tuo bel lume

Bramo infiammarsi il cor, arder le piume.

 

 

26

 

Notturno furto di baci

 

Di questi cari baci

Furti e rapine audaci

O fautrici d’Amor tenebre pie,

La gloria è vostra, e le dolcezze mie.

Sorgi fastosa pur, invida luce,

E ’l Mondo indora e ’l Ciel rischiara e sgombra;

Che se benigna l’ombra

A la felicità m’è scorta e duce,

E permette il goderne,

Sian pur i giorni miei tenebre eterne.

Ch’io vivrò cieco amante, e ’l cieco suole

Tenebroso nel dì goder il Sole.

 

 

27

 

Versi per baci

 

Ben mio, quest’obbligarmi

Per baci a render carmi

È del debito mio tanta ventura,

Ch’io mi arricco del vostro, e sto nel patto;

E pago con vantaggio utile usura,

D’amorosa pietà dolce contratto.

Escon da questa bocca i carmi e ’l canto,

Dove affiggete voi baci, e informate

La lingua e ’l cor de le dolcezze vostre.

Cos’io mi onoro e vi ministro quanto

In me voi fabricate,

Ape gentil; sì come avvien che mostri

Onorato talor d’onor non sui,

Custode vil ricco tesoro altrui.

 

 

28

 

Vaso di vetro donato

 

Questo vetro che a voi dono e consacro

È del mio cor l’effigie e ’l simulacro.

Cener ei prima fu, reliquia oscura

D’empio foco vorace,

Poscia amica fornace

Questa vita gli die’ lucida e pura.

Già fiamma ingrata incenerì il mio core,

Ma nuovo foco poi,

Fornace il vostro viso e fabbro amore,

L’informò e ’l ravvivò coi favor suoi.

Or s’io vivo per voi felice, e sono

Esempio d’amorosa alta ventura,

Poiché beaste il cor, gradite il dono.

 

 

29

 

Errore amoroso

 

Voi peccaste, io peccai;

Ma l’uno e l’altro errore

Impeto fu d’Amore.

La vostra negligenza

Fu giusta et amorosa confidenza;

Così lo sdegno mio,

Se fu crudele a voi, a me fu pio.

O colpe avventurose de gli amanti,

Amore le condanna, Amor le accusa;

Amor le assolve ancora e Amor le scusa.

Viviam dunque, e godianne; che fra tanti

Giri discordi anco il Ciel vive, e infonde

Mille vite qua giù dolci e feconde.

 

 

30

 

Godimento di cosa amata intesa per la Luna

ad onta d’altra significata per lo Sole

 

Se gelosa importuna

Nube mi fura il Sole,

È ben ragion ch’i’ adori

Ne l’amico silenzio de la notte,

Felice Endimion, la cara Luna.

Tra i notturni splendori

Pallidetto Pianeta

Questo benigno splende, et incorrotte

L’altre pompe del Ciel vagheggia e mira;

Quello solo e superbo il Mondo gira

E porta altero in fronte e foco e sangue,

Ma poi sotto vil nube infermo langue.

Or con tua pace, Amor, tacita e queta

Vita vivrò sicuro,

E bramo eterna notte e ’l dì non curo.

 

 

31

 

Rosa masticata

 

O ne le tue sciagure avventurosa

Felicissima rosa…

Vinta veggio languirti e cader priva

Di color e di odore

Tra belle labbra in lunsighiero onore;

E pender semiviva,

Vezzosetto trofeo, da quella bocca

Che insidiosa spira

Nettare e foco e balenando scocca

Riso micidiale, amabil ira.

O te lieta e beata,

Che pur muori baciata;

Fosse a me dato in sorte

La mia vita cangiar con la tua morte.

 

 

32

 

Nei in bella Dama

 

Nei questi non son del vostro viso,

Ma vestigi d’amore,

Che ritornando al Cielo

Lascia sovente impressi

In questa bella et animata neve,

Perché sia il vostro gelo

Ministro del suo ardore,

E refletta in altrui que’ raggi stessi

Ch’ei medesmo riceve.

O mie vitali e lucide fiammelle,

Chi vide ghiaccio mai sparger faville?

Ma qual avvien che in Ciel bianco scintille,

Vago concorso di minute Stelle,

Tal la vostra beltà fiammeggia a noi,

E son pompe d’Amor le macchie in voi.

 

 

33

 

Orologio d’amore

 

L’animato metal cui mano industre

Ardita compartì la voce e ’l moto,

Sì che spirito ignoto

D’immobil corpo a noi mostra e rimembra

L’alto cammin che ci distingue l’ore,

Questo vero rassembra

Il vostro viso, ove s’aggira Amore

Che con le ruote de’ vostri occhi addita

In viva sfera d’alabastro ardente

L’ore qua giù d’una beata vita.

O del mio ben presente

Indice caro, illeso viva eterno

Così quel bel che in voi godo e discerno.

 

 

34

 

Recidiva amorosa

 

Dolce tormento mio, fiamma mia cara,

Ecco di nuovo il core

Esca fatale al tuo benigno ardore.

Deh riconosci in lui

Le recenti ferite

Del folgorar di que’ begli occhi tui,

E come son gradite

Piaghe vital di feritor clemente,

Così pietosa i colpi rinnovella

In lui con le dolcissime quadrella

De’ tuoi sguardi cortesi; ond’ei sovente

Fulminato da te mora e rinasca,

E ’l foco che l’ancide egli lo pasca.

 

 

35

 

Aria fortunata

 

Aria felice che ’l bel viso intorno

Baciando vai, ch’io riverisco e temo;

E con più chiaro giorno

Ricca di doppio Sol superba splendi,

E ripercossa da beati accenti

D’Angelica armonia col Ciel contendi;

Se forse i dolorosi miei lamenti

Turbano il tuo sereno,

Tanto comparti almeno

De le tue grazie meco,

Ch’io possa viver teco,

Che mal grado d’amor potrò poi dire,

Dopo tanto languire,

Io trovo pur pietà che mi ristaura,

Muto Camaleonte, e vivo d’aura.

 

 

36

 

Timida reverenza d’Amore

 

Qual or ti veggio, ingrato Idolo mio,

Supplice io pur vorrei

Chieder mercede, e forse ch’io potrei

Quella bella impietà render pietosa.

Ma l’atterrito cor che adora e teme

La maestà del fulminante volto,

In se stesso raccolto,

Nega voce a la lingua, a gli occhi umore.

Formidabil bellezza, e dilettosa,

Che allettar sai e minacciare insieme,

Or privami di speme,

Dispietato miracolo d’Amore,

Negami quanto puoi, che al fin negato

Non mi sarà l’onor d’averti amato.

 

 

37

 

Benignità improvvisa de’ sguardi

 

Caro improvviso lampo di pietate,

Che nel penoso e desperato abisso

Del mio giusto dolor oggi descendi;

E quivi l’alma amante

Abbagli tanto più, quanto più splendi;

Io ben ti adoro, e riconosco in tante

Tenebre mie quel raggio di beltate

Che m’accende e m’invita

A più beata vita;

Ma il tuo lume fugace, oimè, che seco

Porta ogni speme; onde abbagliato e cieco

Rest’io ne gli error miei confuso, e sento

Ne la stessa pietà maggior tormento.

 

 

38

 

Sospetto di sdegno amoroso

 

Ne le tenebre amare

D’un doloroso orrore

Vassene errando il core,

Mentre il mio Sole ineclissato appare.

E che infauste comete son le stelle

Che fur già poli a l’amorosa speme.

Così confuso e imbelle

A la disfida acerba

De gli empi lumi ardenti

Io piango, et egli teme,

Et atterriti insieme

Sconsolati fuggiamo et innocenti

De l’amata beltà l’ira superba.

Ma ’l bellissimo sdegno è tal, che ancora

Con la stessa pietade arde e innamora.

 

 

39

 

Sguardi furtivi

 

Questi sguardi tremanti e fuggitivi,

Che talor verso voi timido invio,

Sono voci del cor dolenti e mute,

Con che a voi che ’l feriste

Pietà chiedo e salute;

Ma dispietato Amor, che fiero quivi

A la vostra beltà geloso assiste,

Sì gli atterrisce, ch’io

Desperando mercè le piaghe intanto

Purgo del cor con solitario pianto.

Così col desperar freno il disio

De la salute; anzi ad onta d’Amore

Godo ne le ferite il feritore.

 

 

40

 

Vesti di color di cenere

 

Misteriose e lusinghiere vesti,

Reliquie sol d’inceneriti amanti,

Voi ben cenere sete,

Che ’l mio foco coprite e nascondete;

Ma quel freddo colore

Non estingue il suo ardore;

Che quivi anzi si nutre, e i cori erranti

Alletta et arde, mentre ognuno in vui

Vagheggia mal accorto i danni altrui.

Ah vesti insidiose, or quindi Amore,

Avvien, ch’oggi si vanti

D’aver tra voi sotto mentito zelo,

Foco per infiammar la Terra e ’l Cielo.

 

 

41

 

Farfalla Amorosa

 

Io pur ardo, e non moro

Aggirandomi innante

Al mio lume fatal farfalla amante.

E ben cerch’io con generoso ardire

Ne l’amato splendor fine al languire;

Ma la fiamma dolcissima che m’arde

D’immortal foco sì l’anima accende,

Che di penar non cura,

Mentr’ella mira, e tace, e sguardi fura,

E dal bel viso innamorata pende.

Amor, le tue promesse inferme e tarde

Lusinghin altri omai,

Che la mia pena certa

Nel contemplar que’ luminosi rai

Grata m’è più che la tua speme incerta.

 

 

42

 

Azione pubblica, con l’assistenza della cosa amata

 

Nel mezzo del suo Ciel lucida e bella

L’amorosa mia stella

Stassi benignamente,

Rivolta a l’Oriente

De la mia speme; e fiammeggiando infonde

Ne l’anima soggetta

Virtù così feconde,

Che dove in se medesima negletta

Giacea timida pria,

Or si avvalora sì, tanto s’accende

In quell’aspetto di bellezza pia,

Che d’insolito onor s’informa e splende;

E qual cristallo al Sol, ne gli occhi altrui

Sparge d’alto splendor raggi non sui.

 

 

43

 

Conforto a se stesso in amore

 

Anima sconsolata ardisci  e spera,

Et ora più che mai mercede attendi.

Se tu cosa celeste

Adori e servi, a che il temerne tanto?

Non è giusto il timor se non in quanto

Col tuo vil disperar sciocca l’offendi.

Il Sole alluma queste

Cose terrene, e col medesmo lume,

Se l’occhio uman presume

Temerario affisarsi in lui, lo priva

De la virtù visiva.

Or tu godi così del tuo bel sole

Gli sguardi, le parole

E lo splendor de le sue grazie tante

Serva non vil, non importuna amante.

 

 

44

 

Subita pace a un improvviso sdegno

 

Agli sdegni, a le risse, a le contese

De’ due fedeli amanti,

Che la serena lor vita turbaro

Qual or sogliono il Ciel turbini erranti,

Seguì in breve di baci

Grandine così spessa,

E pioggia tal di lagrime, che in essa

Quasi si dileguaro.

Quindi frutti miglior, frutti veraci,

O fertili in amar campi vivaci,

Avrete (disse Amore

Che ridea spettatore).

Solchi, seme e rugiada siano in tanto

Le labbra, i baci e l’uno e l’altro pianto.

 

 

45

 

Coscienza amorosa

 

Dove il liquido argento

D’un vago ruscelletto

Discorrendo facea tra l’erba e i sassi

Col garrir de gli augei dolce concento,

Mentre Fillide mia dormendo stassi

E sicura e contenta si riposa;

Amor lo sai tu che vedi ogni cosa,

Un bacio ne furai.

Ora se allor peccai,

E che ’l furto mi faccia contumace,

Io vorrei con tua pace

Confessarle il delitto, e al suo bel volto

Restituire il tolto.

 

 

46

 

Bocca mordente se medesima

 

Fascinatrice e dispietata bocca,

Come il morder te stessa altri ferisce

D’amorosa magia forza inaudita,

Che un morso in te sia nel mio cor ferita.

Deh vezzosetta Maga,

Quel soave furor altrove scocca;

Perdona a le tue labbia,

E sfoga in queste mie cotesta rabbia,

Né ti spiaccia il sanar piaga con piaga,

Che ben potrai con magico stupore

Ferir le labbra, e risanarmi il core.

 

 

47

 

Necessità d’amore

 

Il voler ch’io non v’ami

È un non voler ch’io viva;

Perché quel bel ch’amo et adoro in voi

Il mio viver avviva;

E senza i raggi suoi

Non è vita la mia,

Sì come senza il Sol dì non saria.

Or non siate voi bella,

Ch’anch’io non sarò amante.

Appar lucida Stella

Il vetro al Sole innante;

Tal io ne l’amar voi m’onoro e splendo

Però che in voi m’accendo.

Dunque o questo mi’ amor non isdegnate,

O la vostra beltà meco incolpate.

 

 

48

 

Risoluzione in amare

 

Cresce in voi la beltate,

E in me cresce l’amore;

Ma quanto io v’amo più, più mi sprezzate.

Gratissimo disprezzo

Quanto sdegnoso più, tanto più caro.

Perché mentr’io m’avvezzo

A le repulse, a sofferir imparo.

E potrò, se non certo

Premio ritrarne, almen gioir del merto.

 

 

49

 

Risoluzione a disamare

 

Questa ingrata d’Amor nemica, e mia,

Che dolcemente fiera

Va del suo sdegno e del mio scorno altera;

Poiché preci non vuol, pianto non cura,

Fuggirolla, e dirò ch’oggi non sia

La più bella tra noi,

Né la più dispettosa creatura.

Così forse avverrà ch’io non l’annoi;

E sia diletto suo la mia sciagura.

Tu perdonami, Amor, che col fuggire

Sol potendo servire,

Fuggo e servo chi m’odia e mi disprezza.

Inutil, disdegnosa, empia bellezza.

 

50

 

Nel medesimo soggetto

 

O superba bellezza,

A te medesma ingrata

S’odi d’esser amata.

Senz’amor, che sarai?

Qual in bosco od in piaggia,

Che se ne cresca occulta

O che verdeggi inculta

Negletta da pastor pianta selvaggia.

Ciel senza Sol e Sole senza rai

È beltà senz’amor vile et oscura.

Or se sdegni l’amarti, vivi ormai,

E cresci senza onor, senza cultura

Vana pompa del Mondo e di Natura.

 

IL FINE

PARTE SECONDA

 

ALLI SERENISSIMI
Signori Duca e Duchessa di

Ferrara, etc.

 

 

 

 

 

1

 

In umil maiestà tra mille Cigni

Dolcemente canori,

Aquile generose, alme Fenici

Godete i vostri amori.

Umiltà gloriosa, augusti auspici:

Quivi l’Italia i suoi pregiati onori

Vagheggia e mira, e a gli altri figli insegna

Come si gode e regna.

Or regnate e godete pur felici

Le glorie vostre e ’l vostro santo zelo

Disciplina del Mondo, onor del Cielo.

 

 

2

 

Era piovoso il giorno che ’l Duca di Ferrara

concedè la licenza delle maschere, e divenne sereno

 

A Grazia serenissima sereno

Diviene il giorno a pieno.

O benigna virtù d’eccelso Duce,

O de la nostra età possente luce,

Che discaccia la nebbia e spegne il gelo,

E per mascherar noi smaschera il cielo.

 

 

3

 

Per le Signore Dame musiche delle Serenissime

Duchesse di Ferrara e d’Urbino

 

Cari cigni d’Amore,

Che cantando rapite altrui la vita

Con dolcezza infinita,

Con che crudel virtù fiere canore

Fate d’anime incaute e pellegrine

Armoniche rapine?

Pur col medesmo canto

(Meraviglie inaudite)

Tanto donate altrui quanto rapite;

Che la stessa armonia che l’alme fura

Il vivere assicura;

Né si conosce il viver se non quanto

Altri da sé diviso

Gode il musico vostro paradiso.

Ma di Regi e d’Eroi nido fecondo

Tai sono i parti tuoi, glorie del Mondo.

 

 

4

 

Mandorla amara inzuccherata

 

Delusa bocca impara

A confessar col core

Che si gusta in amar dolcezza amara.

O mentito favore,

Insidiosa cortesia d’Amore,

Riconosco gl’inganni, e provo omai,

Amor, come tu sai

Premere il cor con dilettosa salma,

E i sensi lusingar per tradir l’alma.

 

 

5

 

Fiori in bocca di bella Dama

 

Se con isdegno voi

Mordete questi fiori

Emuli de gli onori

E de le pompe de le vostre labbia;

O se gli lusingate

Con vezzosetta rabbia;

O vezzi, o sdegno, o lusinghe odorate

Di bocca beatrice,

Che fa la vita altrui morte felice.

 

 

6

 

Oltre il solito suo bellissima dama non si lascia

vedere in giorno piovoso e freddo

 

Se potete a la Terra, al Cielo, a noi

Giovare, e non lo fate,

Crudelissima donna, voi peccate.

Ecco atra nebbia, ecco pestifer ombra,

Ch’offende uomini, e Terra, e ’l Cielo ingombra;

E voi state nascosa?

Ingratissimo sole, or quando mai

Avrete occasion più gloriosa

Di esercitar que’ luminosi rai?

Ma voi che sete bella quanto fiera,

Non vi curate ormai che ’l Mondo pera.

 

 

7

 

Sciugatore prestato a dama che sudava

 

Converso in pioggia di minute perle

Da l’infiammato Ciel del vostro viso

Scendeva Amor con leggiadretti errori

Di cadenti sudori;

Quando all’insidioso et improvviso

Mistero accorsi, e volli avido amante

Nel liquido tesoro

Trovare a la mia sete alcun restoro.

Quindi vi offersi, e voi grata prendeste,

Per me stesso arricchir, povero lino;

Ma fur fiamme d’Amor quelle altrettante

Quante stille coglieste:

E così il rugiadoso e pellegrino

Foco adorando, ahi, che mi serbo in seno

Idolatra crudel morte e veleno.

 

 

8

 

Parole, pensieri e versi inutili

 

Tanto so d’esser vivo,

Quanto di voi ragiono, penso o scrivo;

Ma non ponno aiutarmi

Pensier, parole o carmi,

Sì ch’io non pera nel cospetto vostro,

E non divenga in me cieca la mente,

Muta la lingua, inutile l’inchiostro.

Così vivo lontan, moro presente

Tormento inaudito,

Et in me sete voi fine infinito

Di speranze, di pianto e di querele,

Spirto omicida, anima mia crudele.

 

 

9

 

Natività astrologica del proprio amore

 

Stavasi in mezzo al vostro viso Amore

Quasi in mezzo del ciel benigna stella

Et in vezzoso aspetto

Splendea tra gli occhi sfavillanti e chiari,

Amorosi del mondo luminari,

Venere accesa e bella;

Allor che nel mio petto

Nacque il nuovo desio

Dolce tiranno dell’arbitrio mio.

Così vivo soggetto,

Né spero unqua poter girmene sciolto

Che l’amante poter vien dal bel volto.

 

 

10

 

Sguardi minacciosi di Dama, che vide il preteso amante

scherzare con altra Dama a lui più cara

 

Imperiose luci,

Velenose d’Amor ministre ardenti,

Voi ben ferite gli occhi, ma nel core

Non discende il velen del vostro ardore;

Che sicuro e difeso

Non cura lieto d’altra fiamma acceso

Il folgorar de’ vostri rai presenti.

Anzi qual’or la Luna ha per costume

Di render su nel Ciel vittoriosa

Il Sol cieco et infermo,

Tal l’opposita mia fiamma amorosa

Eclissa il vostro lume,

E mi fa contra voi riparo e schermo,

Così in aspetto minaccioso, oscuro

Occhi alteri vi miro, e m’assicuro.

 

 

11

 

Lettere amorose

 

Care amorose note

Che in brevi fogli accolte

Fate che l’alma nel silenzio vostro

Voci beatrici innamorata ascolte;

Spirti vitali di caduco inchiostro

Ben sete voi, che chi vi legge o mira

Morto in se stesso in voi gode e respira.

Ah che la bella man che già vi scrisse

Anco il mio cor trafisse,

E son quelle dolcissime ferite

Caratteri d’Amor, note gradite.

 

 

12

 

Onestate nemica d’Amore.

 

Son nemici d’Amore

Onestate e rigore.

Sian rigide le pietre, e siano oneste,

Sorde, fredde, ostinate;

Perché non ama Amor bellezze ingrate,

Né di crudel rigor leggi modeste.

Amor è foco, e ’l foco è vita in noi;

E però ardenti son gli affetti suoi;

E non è vita viva

Una vita ad Amor ritrosa e schiva;

Perch’egli vuol tra le sue glorie tante

Il rigor mite e l’onestate amante.

 

 

13

 

Barca che se ne porta bella Dama

 

Superbo te ne vai, legno fugace,

Ladro felice col mio bene in seno?

Crudel come m’uccidi

Insensato omicida in questi lidi.

Sol la vista seguace

Vive, ma perché in pianto mi dileguo

Resta ella, et io ti seguo,

E ti servo, e ti abbraccio, onda incostante

Umido spirto amante,

Sin che riporti tu la bella salma

E mi rendi così la vita e l’alma.

 

 

14

 

Dama che si dilettava di nuotare

 

Occhi piagnete? o che piagneste almeno

Sì che per lagrimare

Io divenissi un mare.

Che pur in queste braccia e in questo seno

Le belle membra attufferiansi a pieno;

E con avido nuoto

Facili e confidenti

Mi abbracciariano ignoto;

E sarian baci, e morsi

Que’ vezzosetti sorsi:

Ah d’impossibil ben vani argomenti.

Deh bastivi occhi miei fiumi dolenti

Dare il vostro tributo al Mar, che in tanto

Quel ben che non godo io goda il mio pianto.

 

 

15

 

Baci semplici

 

Aridi asciutti e fuggitivi baci

Come per rubar voi perdo me stesso.

Ape importuna ardita

A quei celesti fior corro e mi appresso;

E con industre e supplicante volo,

Se pure un bacio involo,

Vi lascio l’alma che ’l bel viso stima

Quel Ciel di latte, ond’ella visse prima.

Senza vita così rimango in vita;

E l’amata beltà ch’erge et informa

L’amoroso cadavero m’invita

L’alma a cercar per la medesima orma.

Prego però, né perché mi si nieghi

Cesso di replicare e baci e preghi.

 

 

16

 

Baci timidi

 

Ahi come brevi et interrotti baci

Son de le mie vittorie inutil palma.

O vestigi d’Amore,

Cicatrici del core,

Baci velen dell’alma;

Se come foste timidi e fugaci

Eravate così pronti e mordaci,

Ah che forse il mio ardor sarebbe estinto,

Né sarei vincitor vincendo vinto.

Ond’ora avvien che del mio ardir m’incresca,

E ’l pentimento e la memoria insieme

Sian dell’incendio mio focile et esca,

Sì che picchiando al cor da gli occhi spreme

Liquide fiamme Amor di doglia e speme.

 

 

17

 

Baci e parole

 

A queste soavissime parole

Sol con baci rispondo;

E se tu dolce parli, bacio anch’io

Dolcemente, cor mio;

E così corrispondo

A le dolcezze tue garrulo amante;

Che questa bocca mia coi baci suoi

Ridice Eco amorosa i detti tuoi.

E quindi fatto il mio baciar facondo,

E replicando quante

Voci cortesi riverente ascolto,

Son baci ante orator del tuo bel volto.

 

 

18

 

Nello stesso soggetto

 

Voi parlate, io vi bacio; e s’io potessi,

Vorrei che fosser mille ogni mio bacio.

O soave armonia baci e parole;

A faconda beltà baci indefessi;

Concento grazioso,

Contrappunto amoroso,

Che ne risulta mentre ascolto e bacio.

Ora cortesi e sole

Labbra parlate pur, che al vostro suono

Baci canori ardito amante intuono,

Poscia che così vuole

Amor, che con dolcissima misura

Tempra i musici baci e gli assicura.

 

 

19

 

Baci sembianza dei moti del Cielo

 

Non sono questi baci, non son queste

Labbra nostre bacianti

Dolci sembianze d’armonia celeste?

Quelle sfere la su, quei luminari

Ne gli oppositi lor moti contrari

Con replicati e sempiterni baci

Esercitan tra loro

D’amorosa union litigi e paci.

Ora bacianne, e sian vita e ristoro

Del nostro Amor questi mordaci ingordi

Imitator del Ciel baci concordi.

 

 

20

 

Desiderio de’ baci

 

Baci, s’io vi ricerco e s’io v’onoro

È perché sete il mio vital tesoro

E perché senza voi

Non è vita tra noi.

Ecco baciansi i Cieli e gli elementi,

E lo strider de’ venti

Sono baci sonanti

Da l’aria concitati,

Che fan l’erbe baciarsi per li prati,

E ribaciar gli scogli i flutti amanti.

Cor mio senza baciar però mi moro,

Che con virtù infinita

Son vita i baci de l’umana vita.

 

 

21

 

Bocca ritrosa nel baciare

 

Avara bocca, a chi conservi e chiudi

I tesori che Amore e la Natura

Ti dier per gloria lor, per mia ventura?

Sono influssi celesti a me i tuoi baci,

E son di Amor e di Natura onore,

Che lor contendi tu custode ardita;

Poiché le labbra, oimè, crude e tenaci

Negano a me la vita,

L’uso ad Amor d’amore,

E ’l suo dolce a Natura (ahi fiero errore)

Così perfida avvien ch’oggi mi ancida

Onestate rubella et omicida.

 

 

22

 

Nel soggetto medesimo

 

Ardite baci miei, baci assalite

Quella bocca ritrosa. A che più sparsi

Per le guance, per gli occhi e per la fronte

Girsene lenti e scarsi?

Quivi sicuri a fronte

Vi fermate, et audaci

Sfidate i chiusi e dispietati baci.

E se negan di uscire e di provarsi

Con voi a buona guerra, pertinaci

Ritentate, chiedete,

Minacciate, mordete,

Né senza pugna il vostro ardor si estingua

Vaglia la forza, ove non può la lingua;

Ché se pugnando rimarrete estinti

Sarete vincitor cadendo vinti.

 

 

23

 

È necessario l’ardire nell’amore

 

Mi avveggio della mia folle credenza,

Che ’l timor in amar sia reverenza,

Me ne pento e confesso

Ben tardi che ’l timore

È una viltà di core.

Amore altro non è che violenza,

E come visse già, vive anco adesso,

E signoreggia e regna

Signor rapace, et a rapire insegna.

Or non sa ben amar chi non sa ardire,

E chi sa ben amar sappia rapire;

Perché resta l’amante non audace

Statua fredda d’Amore, ombra seguace.

 

 

24

 

Ritorno improvviso di bella donna in tempo di notte

 

O de la bianca innamorata Luna

Famiglia luminosa, occhi superni,

Del sol seguaci eterni;

Mute lingue di Dio, pompe del cielo,

Ditemi, amiche stelle, ov’è il mio bene?

Io solo in questo gelo

Notturno, e in questa pace

Del Mondo, mentre ognun riposa e tace,

Ardo, piango e m’aggiro;

Oggimai per pietate

Deh me la rivelate.

O me felice, ecco non odo, io miro

Risposta in voi ch’ella di già se n’ viene;

Perch’or, che più del solito splendete,

Dal reflesso di lei la luce avete.

 

 

25

 

Partita di bella donna in tempo di notte

 

Prime del Mondo occupatrici antiche,

De la luce e del sol nemiche eterne,

Segretarie d’Amor Tenebre amiche,

Il mio terreno sole

A quel del cielo infesto,

A voi confido sole,

Perché odiando quello amiate questo.

Né temete di lui, che quanto vuole,

Tanto risplende in terra e si diffonde,

E senza occaso a noi lieto s’asconde.

Scorgetelo pur voi cieche felici,

Che de la vostra sorte e del mio bene

Invidi son le stelle spettatrici

Che non sanno oggimai discerner bene,

Se più del giorno voi siate serene.

 

 

26

 

Dubitava bella Dama di non esser amata

 

Se pur voi dubitate

Donna de gli amor nostri,

Perché mi comportate

Simulato Idolatra a i piedi vostri?

O se pur con la lingua mi ferite,

Perché con gli occhi poi mi risanate?

Ah pietose ferite,

Ah di crudel velen rimedio pio:

Occhi non mi lasciate voi morire

Perché la lingua ancor possa ferire?

Segno immortal d’Amor, ecco son io

Dove parole e sguardi

Son le saette e i dardi,

Che ferendomi a prova

Fan la mia pena inuisitata e nova.

 

 

27

 

Contemplazione amorosa

 

Nel mirarvi io confesso

Ahi di perder me stesso;

Perché l’anima unita

Tutta ne gli occhi in voi gode e rimembra

Il bel qua giù de la sua prima vita.

E restan poi le derelitte membra

Stupide inutilmente,

E divengo io cadavero vivente.

Ma perché raggio in lor ratto s’infonde,

Che di amoroso ardor tutte le accende,

Quindi è che ’l cor s’incende,

E che l’incendio all’alma corrisponde,

Che per onorar voi, ministro Amore

Vi arde su l’ara del mio petto il core.

 

 

28

 

Scrittura sdegnosa non istimata

 

Va’ sacrilega pena

Col mio tormento ormai

Dispersa sì, che mai

Più non mi offendi ingrata,

Ministra insana di amoroso sdegno.

Se ben mi giova, che leggiera nata

Passasti col mio duolo al ciel repente,

U’ del tuo ardire indegno

Resto io felice avventuroso segno;

Poi che ’l mio sol clemente

Avendo arsa e delusa

Te con pietosa scusa

Mi lascia immerso e consolato in tanto

Icaro fortunato del mio pianto.

 

 

29

 

Mano che scrisse ingiuriosamente fu cortesemente baciata

 

De le tue colpe audaci

Riporti ardita mano e vezzi e baci?

O ventura dannosa,

Clemenza insidiosa,

Che col perdon castiga, e con la grazia

Vie più tormenta e strazia.

Tal pomposo divin ricco monile

Ornamento servile,

Et affidan sovente

La dolcezza il veleno,

E le lusinghe il freno.

O crudeltà innocente!

Mano non ti vantar di tanto onore,

Ché chi ti bacia mi avvelena il core.

 

 

30

 

Bellezza e sapere

 

Né intender posso ancor, né so vedere

Quale in voi sia maggiore

La bellezza o ’l sapere;

Splendete come sole,

Come Apollo cantate;

Fiammeggian le parole,

Maestra è la beltate;

E se la lingua tace,

Scuopre et insegna il bel viso loquace

Con silenzio facondo

Il bel del cielo e di Natura al Mondo.

Ora con vostra pace

Lumi eterni dirò, ch’oggi cediate

I vostri pregi a la mia cara stella,

Non muta come voi, di voi più bella.

 

 

31

 

Silenzio di amorosa offesa

 

Se il saper e tacere

È spezie di patire,

Confesso di volere

E patir e morire;

Perché tacendo io moro di dolore

Infausto esempio di tradito amore.

 

 

32

 

Onestate ingrata

 

Piango e piagnerò sempre

L’ingratissima vostra empia onestate,

Sin che per gli occhi si dilegui e stempre

Questa vita che odiate;

E allor fia che m’amiate

Forse, quando vedrete esser lavato

Col lungo pianto mio il vostro peccato.

 

 

33

 

Tradimento amoroso

 

O rubella d’Amor mentita amante,

Voi gioite, io languisco;

Voi peccate, io patisco:

Né del vostro piacer già mi dispiace,

Duolmi che del mio male altri si vante,

E ch’io vi ami mendace,

Benigna ad altri, a me cruda e fugace.

 

 

34

 

Nello stesso soggetto

 

Non più geloso amante

Son io (donna crudele),

Ma ludibrio d’Amor, servo dolente.

Rigidezza incostante,

Pudicizia infedele,

Servitù mia delusa et innocente.

Tal non ardisce a mattutina rosa

Tra le spine natie vaga e ritrosa

Timido pellegrin stender la mano,

Che se la coglie poi sozzo villano.

 

 

35

 

Troppo rigorosa onestate

 

O mio sterile Amore,

Inutil servitù, vane fatiche:

Schive mendaci ortiche

Che crescon a se stesse

E verdeggiano altiere incontro al sole

Ingiuriose e sole

Son de l’affetto mio l’ingrata messe.

O nemica d’Amor beltà superba,

Così i miei danni e gli error tuoi sospiro,

E del tuo folle ardir meco mi adiro:

Che al fin non colto fior, non gustata erba

Cade a la Terra in seno

Arido, poco e scolorito fieno.

 

 

36

 

Pentimento amoroso

 

Se piansi, se temei, se mi adirai,

Furo il pianto, lo sdegno et il timore

Conseguenze et eccessi

D’amoroso furore.

Offeso offesi voi, a i cieli stessi

Non perdonai cieco ferito insano;

Così occhi miei dolenti,

Ingiuriosa lingua, ingrata mano

Malgrado vostro, avvien che pur mi penti.

Ma di quanto già scrissi,

Di quanto piansi e dissi,

Avventurosi rei ne’ miei tormenti,

Vostra carcere eterna fosse almeno

La bocca di Madonna, il volto e ’l seno.

 

 

37

 

Macchie rosse nelle membra di cosa amata

 

Come talor nell’aspro Verno algente

Da cacciatore industre

Tratta dal nido suo Damma innocente,

Che ferita fuggendo intorno segna

D’orme sanguigne i mal sicuri campi,

E già spirante insegna

Calda pietate a la gelata neve

Che ’l sangue in van di lei nasconde e beve:

Tal questo cor ferito avvien che stampi

Fuggendo Amor crudel, la neve vostra,

Che già mille vestigi ne dimostra.

Et questi sono i segni in voi del sangue

Del mio cor che per voi piagato langue.

 

 

38

 

Amoroso pianto in giorno piovoso

 

Piove il cielo sdegnato e tenebroso

Sì che la Terra inonda,

E turba il suo riposo

A la notte et al sonno.

Versano gli occhi miei lagrime tante,

Che chiuder non si ponno,

E ciechi nondimeno

Seguono l’alma errante

Che fugge dal mio seno.

Così piovendo, oimè, sdegnoso umore

Misero, sento esanimarmi il core.

 

 

39

 

Nello stesso soggetto

 

Se del tuo sole già, de le tue stelle

Ciel non mi calse, e godei lieto amante,

Ardito supplicante

Giorni più chiari assai, luci più belle;

Infausto or più di te mi fanno in tanto

Tenebre di dolor pioggia di pianto.

 

 

40

 

Fu ferita bella donna nel volto mentre pioveva

 

O sacrilega mano, o portentosa,

D’infernal crudeltà fiera ministra;

Umano ardir tant’osa?

Tanto può cieco sdegno empio furore

Ne la sua maestà ferire Amore?

Ferito Amore nel caro viso langue,

Che per defender lui se stesso offerse

Al colpo, e ne versò gemito e sangue;

Quindi la terra di rubini asperse

Con ferite invisibile il bel volto;

E si vide d’intorno

Agghiacciare ogni cor pietoso gelo

Impallidire il sol, piagner il cielo.

Così il lume ti è tolto

A nostro danno, a tuo perpetuo scorno

Il felice d’Amor nemico giorno.

 

 

41

 

Memoria amorosa

 

Vita del mio dolore,

Pena del mio riposo,

Custode del mio amore,

Registro de la mia dolente istoria

Importuna memoria,

Quando un giorno fia mai che mi abbandoni?

Crudel meco la notte anco ragioni?

E turbi la mia pace

Con silenzio loquace?

Quindi misero in vano

Amorosi fantasmi abbraccio e stringo,

E le noiose piume amante insano

Con desti sogni (oimè) premo e lusingo,

O memoria, memoria vivo inferno,

O de la vita mia tormento eterno.

 

 

42

 

Repetizione d’avvenimenti amorosi

 

In questo giorno a punto

In questo loco istesso

Già mi faceste vostro,

Et io pur vostro adesso

Mi dichiaro e confesso.

O loco, o dì felici,

O spettatori amici

Del mio ben, del mio ardir, dell’amor nostro…

Cari ministri di amorosi auspici

Ascoltate e tacete,

Osservate e godete,

Che sentirete confidarvi ognora

Maggior secreti ancora,

E udrete risonare in mille modi

Ne i nostri eterni amor le vostre lodi.

 

 

43

 

Imitazione dell’Usignuolo

 

Qual dolente Usignuolo

Che abbandonato e solo

Ora stridendo, or mormorando esprime

I suoi lunghi lamenti,

Son io, che in basse rime

Chiedendo ormai pietà de’ miei tormenti,

Divengo del mio duol misera preda,

E grido “io moro”, e non è chi me ’l creda.

Però se tu ben mio lodi il mio canto,

Sappi che ’l mio dolor lodi e ’l mio pianto.

 

 

44

 

Apollo e Parnaso nel petto e nel volto di madonna

 

Nel petto di Madonna e nel bel viso

Quasi in proprio Parnaso

Novello Apollo oggi risiede Amore;

È l’ingegno di lei novo Pegaso,

Elicona è la bocca,

Le doti e le virtù sono le suore

Di amoroso furor distributrici,

E quindi non si scocca

Strale dorato più, Carmi felici,

Leggiadre rime elette

Sono dardi e saette,

E sono il canto infin, lo stil, la cetra

Foco e face d’Amor, arco e faretra.

Or chi fia che da Apollo lo distingua,

Se fere con la penna e con la lingua.

 

 

45

 

Penna temprata da bella donna

 

È la penna ministra della lingua,

E la lingua del core;

Ma l’una e l’altra attendono da voi

Del lor proprio poter l’uso migliore.

Se mi temprate l’una, perché sia

Co’ caratteri suoi

Atta ad espor quel che la lingua vuole;

Temprate ancora questa lingua mia,

Sì ch’esprima o produca le parole

Conformi a quel concetto

Che voi cor mio dettate in questo petto.

E se spietata man ferisce l’una

L’altra ferisca ancor bocca importuna,

Perch’ad ambi saran vita e soccorsi,

All’una le ferite, all’altra i morsi.

 

 

46

 

Nella Conclusione dell’anno

 

Vattene pur ormai

Creatura del Ciel, figlio del Tempo,

Padre de’ miei diletti, Anno felice;

Che mentre te ne vai,

E morendo in te stesso al mondo nasci,

Quasi nova Fenice

Nel mio foco rinasci.

Or tu rinato a me propizio vivi,

Che quando anco di lume il ciel ti privi,

E neghi al viver mio forma et essenza,

Il mio sol, le mie stelle

E questa non errante intelligenza

De le amorose mie sfere novelle,

Saranno a i giorni tuoi, a la mia vita

Moto, legge, virtù, luce infinita.

 

 

47

 

Amorosa dipartita

 

Partirò finalmente.

Duro passo mortale:

Avere il ben presente,

E gir lontano a ricercar il male.

Ma se il ben non è bene

Quando non è comune, io non ho bene;

O pur Tantalo amante

Ho nel presente ben tormenti e pene.

Ben mio crudel mentre io vi sono inante

Supplice ancor tremante,

Deh per pietà di questa mia partita

Levatemi la vita.

 

 

48

 

Donzella simile alla rosa

 

La verginella è simile a la rosa

Che pargoletta ancora

Su le materne braccia errante, in seno

De la siepe natia si nutre e posa.

Quindi crescendo a la rugiada, allora,

Emula dell’Aurora

Inanzi al sol rosseggia,

Et apre a pena le purpuree labbia,

Che scuopre ritener nel chiuso core

Con avara onestà fiamme d’Amore;

Adulta poscia se stessa vagheggia

E baldanzosa si conosce a pieno

Amata e bella, e par che a sdegno s’abbia

Tanto giacer tra le custodi spine:

Così a man pellegrine

Si offre talora, et s’ella non è colta,

Spoglia inutil d’Amor langue insepolta.

 

 

49

 

Per la morte della Clarissima Signora Maria Bragadina Badoara

 

Vuol nel publico danno e nel dolore

Comune, o per ristoro o per vendetta

Farsi nel mondo un altro Mondo Amore,

Poiché gli tolse il rio colpo mortale

Con quel volto beato

Il trionfo, la Reggia, il Tribunale.

Così dunque dispose;

Cener, pianti, sospir, fiamme amorose

Sien Terra, acqua, aere e foco;

Sian le virtù di lei cielo stellato;

Amor primo motore,

Et ella sol col nome in ogni loco

Sia spirito fecondo,

Che informi poi questo novello Mondo;

E così ne saranno Adria i tuoi pianti

Memorie eterne a i pellegrini amanti.

 

 

50

 

Per la morte dell’Illustrissima Signora Margarita

Martinenga di Villachiara

 

O nel funesto tuo freddo silenzio

Tomba tromba d’Amor, marmo loquace;

Come a i nostri lamenti

Sordo rispondi, e co’ tuoi muti accenti

Tacito lodatore al Mondo incresci,

E ’l nostro danno e la tua gloria accresci.

E tu ne gli orror tuoi Morte vivace

Dunque spegnesti il bel del Mondo (ahi lasso!)

Per avvivare un sasso?

Deh ceneri beate,

Ah che sepolte voi di voi parlate,

E rendete così sopite e morte

Nel sepolcro oggidì viva la Morte.

 

IL FINE