La musica secondo... Riccardo Muti
Da un'intervista di Nigel Jamieson in Russia, nel 1989, con Riccardo Muti e l'orchestra del Teatro alla Scala
DIARIO MOSCOVITA
Quando Giuseppe Verdi andò a Pietroburgo per la prima de La Forza del Destino, ordinò che grandi quantità di vino, pasta e formaggio vi fossero spedite dall'Italia per proteggerlo contro le condizioni gastronomiche del luogo. Tanti anni non hanno cambiato la diffidenza italiana verso il cibo straniero, ossia l'amore per la cucina della patria; il Teatro alla Scala, seguendo l'esempio verdiano per la visita in Russia, ha così creato un raro consenso unanime fra cantanti, orchestrali, e tecnici: 'Senza la mensa italiana, la tournée sarebbe stata un disastro!'. Anche per noi giornalisti al seguito della tournée, questo pezzo dell'Italia dentro il mastodontico Hotel Rossia era un gran beneficio: tutta la compagnia della Scala ci arrivava puntualmente ogni giorno, fornendo così la possibilità di chiacchierare, interrogare, ed ascoltare a piacere.
La mensa, 10 ottobre.
Dopo un'esecuzione accattivante de I Capuleti e i
Montecchi cantata da Lella Cuberli e Delores Ziegler e
diretta con sommo dominio di sfumature orchestrali da Riccardo
Muti, ho incontrato il Maestro Muti. «Jamieson del Times?
Si, ricordo. È venuto alla Scala per il ciclo mozartiano e non
le è piaciuto Così fan tutte!» «Non è vero, Maestro,
ma mi è piaciuto un po' meno di Don Giovanni
»
«Venga alle prove e capirà perché faccio certe cose».
Teatro Bolscioj, 11 ottobre, dopo una prova di Così fan
tutte con cantanti e pianoforte
Riccardo Muti: L'aria «Per pietà» è segnata
adagio, non lento, e nessun soprano
che vada troppo lentamente è in grado di farne capire le parole.
La musica può essere bellissima, ma non ha senso drammatico.
- Con il suo tempo è una preghiera, mentre con il tempo
normale può sembrare un lamento.
Mi piace la parola 'normale': è il tempo normale,
ma sbagliato!
- Ma quando ho scritto che alla Scala alcuni suoi tempi
mi sembravano affrettati, mi riferivo ai quintetti del primo atto,
dove ci vuole spazio per far fiorire le bellissime linee vocali.
Lo so, ma il mio modo di fare quest'opera è opposto a
quello di molti direttori tedeschi, che vanno lentamente nel
primo atto cercando di fare i più bei suoni possibili; ma in
realtà il dramma a quel punto non è ancora serio. Il finale
primo è essenzialmente opera buffa. Poi essi dirigono
vivacemente il finale secondo, come se non fosse cambiato nulla
dopo il primo, mentre invece tutto è cambiato e nessuno si fida
più né degli altri né di se stesso. Io qui vado lentamente, e
allargo il tempo.
- Così riesce a fare una distinzione marcata fra i
momenti in cui i personaggi recitano dei ruoli assegnati e quelli
in cui esprimono le loro vere emozioni; nell'arco dell'opera l'intensificarsi
delle emozioni è straordinario.
Così fan tutte è un'opera molto seria, anzi è
un'opera disperata, che tratta di amori, gelosie, e tradimenti.
Ho fatto sensazione quando l'ho diretta per la prima volta a
Salisburgo, perché l'ho diretta come un'opera italiana, qual è.
Ai tempi di Mozart è stata cantata da italiani, mentre nel
nostro secolo è stata trasformata in un'opera tedesca.
- È diventata parte della tradizione viennese
La tradizione viennese se ne è appropriata perché la
musica è perfetta, ma questo modo di interpretare l'opera non
era quello ideato da Mozart, il che diventa ovvio quando l'opera
è diretta e cantata da tedeschi, sopratutto se il direttore è
pedante e i cantanti non danno peso alle parole. Karl Böhm
diceva che si potrebbe - e che si dovrebbe! - dirigere tutta
quest'opera con tempi strettamente identici per ogni andante e
allegro. Meno poetico di così non si può immaginare! Certi
soprani tedeschi, poi, sembrano tirar fuori suoni invece di
parole.
- Oltre ai tempi insoliti, ho sentito molti particolari
dell'orchestrazione a cui lei dà risalto ma che spesso passano
quasi inosservati.
Più studio questa partitura, più scopro che ogni nota
dell'orchestra commenta le esperienze dei personaggi. Io non
invento niente, nella partitura c'è già tutto: basta scoprirlo
e trovare il modo di realizzarlo.
- Le viole nel terzetto «Soave sia il vento», per
esempio
Ah, è questa la musica che voglio sentire quando muoio!
È il più bell'addio!
Conservatorio di Mosca, 18 ottobre.
La sovrarichiesta di biglietti per la Messa di Requiem di
Verdi era spaventosa: davanti alla sala si era formata una ressa
- quasi un tumulto - nella quale una donna è stata schiacciata a
morte, mentre nella stessa folla un bagarino ha tentato di
vendere per un patrimonio un biglietto a Muti per il Requiem che
stava per dirigere. Quando finalmente è riuscito a cominciare il
concerto, Muti ha fatto di questa musica una preghiera fervente e
diretta, senza il distacco riverente di certi altri direttori d'orchestra.
La mensa, 19 ottobre.
Dirigere il «Libera me» in Russia alla presenza di Sakharov ha
un significato molto diverso che dirigerlo in America. Non
dimenticherò mai l'espressione della sua faccia quando mi ha
parlato dopo il concerto.
- Mi sembrava l'esecuzione del Requiem
più umana che abbia mai sentito.
Io sono credente, nel senso che credo in qualcosa oltre i
fatti materiali che constatiamo, e non capisco come sarebbe
possibile dirigere altrimenti questa musica.
- Che ne pensa delle accuse che il Requiem verdiano sia
melodrammatico?
Quelli che parlano così non ci capiscono niente!
- A chi dice che il Requiem sia melodrammatico possiamo
rispondere che la musica di Leonora ne La forza del destino sia
religiosa?
Si, appunto.
Aeroporto di Mosca, 21 ottobre.
Durante la lunga attesa per il volo a Leningrado, parliamo
della registrazione EMI che Muti farà in settembre con l'Orchestra
Filarmonica di Vienna, William Shimell (Don Giovanni), Samuel
Ramey (Leporello), Cheryl Studer (Donna Anna), Carol Vaness (Donna
Elvira), Suzanne Mentzer (Zerlina), Frank Lopardo (Don Ottavio),
e Natale De Carolis (Masetto).
- Ha un cast stupendo per Don Giovanni; se la
registrazione risponderà alle aspettative sarà un evento di
grande importanza, perché a tutte le edizioni esistenti manca
qualcosa.
Sicuramente mancherà qualcosa anche alla nostra, perché
si tratta di un'opera così ambigua che risulta impossibile
comprendere tutto, in qualsiasi modo la si faccia.
- Certo, ma quello che voglio dire è che manca sempre
qualcosa di essenziale: il baritono è piatto, per esempio, o la
direzione è fiacca.
Questo è vero.
- Ci dica qualcosa del baritono inglese che canterà Don
Giovanni.
Shimell ha una voce eccezionale, e sarà un Don Giovanni
molto interessante. Sta studiando il ruolo ed è preoccupato di
capire se Don Giovanni sia un peccatore o no.
- Mi pare che Giovanni
Don Giovanni, per favore. Voi stranieri avete l'abitudine
di essere troppo familiari! Leporello, Masetto, Zerlina, ma Don
Giovanni. Cè una differenza.
- Mi pare che Don Giovanni sia tanto immerso in ogni
cosa da sembrare quasi al di là del bene e del male, senz'ombra
di coscienza.
Si, è totalmente immerso in ogni momento.
- Alla Scala Thomas Allen è riuscito a comunicare
meravigliosamente questo aspetto del personaggio.
È semplicemente un cantante meraviglioso: molto
intelligente, fra i migliori in assoluto.
- Comè il suo italiano quando canta?
Perfetto.
- Ma cè sempre qualcuno che dice che i cantanti
inglesi
Pouff!
- Per ritornare al personaggio di Don Giovanni
È già tutto nell'ouverture. Pensi all'allegro
- che secondo lei è molto
allegro
Certo, perché Don Giovanni non arranca! Nell'ouverture
vola in ogni direzione senza sostare un attimo.
- Ma alla Scala l'ultima cena era funerea, sembrava che
Strehler accennasse perfino ad un desiderio di morte. Nella
musica questo non si sente.
Quando Don Giovanni accetta l'invito della statua sa che
morirà.
- Accetta l'invito perché per natura si rifiuta di
rifiutare qualsiasi sfida, non perché vuol morire.
Esattamente.
- Ma Strehler
Si, Strehler aveva molte idee sue. Ma le ho trovate così
affascinanti che sarà difficile per me dirigere un diverso
allestimento di quest'opera.
Al Bolscioj Muti disponeva di due compagnie di canto per Così fan tutte, e le differenze di interpretazione fra le Fiordiligi erano notevoli. Daniela Dessì è il primo soprano italiano ad affrontare questo ruolo nei nostri tempi, ed esprime vivamente la trama emotiva attraverso le parole con una voce tonda e capace di straordinari effetti di chiaroscuro. Lo stile mozartiano ce l'ha, ma non pare sempre il suo mestiere ideale. In antitesi con lei, l'americana Pamela Coburn ha una voce pura ed argentea e canta con rara perfezione musicale; fraseggia anche espressivamente, ma il timbro poco colorito non si apre ad una lettura approfondita del testo. Quando la Dessì canta l'aria «Per pietà» ti stringe il cuore, quando la canta la Coburn ti fa provare dei brividi di piacere estetico.
In aereo fra Mosca e Milano, 23 ottobre.
- Credo che ci sia un paradosso nella parte di
Fiordiligi, cioè al cuore dell'opera: un soprano che è in grado
di eseguire perfettamente tutte le fantastiche fioriture e far
amalgamare facilmente la voce negli insiemi non può disporre
della ricchezza di sfumature per esprimere tutte le emozioni del
ruolo.
Non si può avere tutto. Ma nelle opere di Mozart e Da
Ponte le parole sono di grandissima importanza e devono essere
interpretate. Se le voci accentuano sempre il suono a scapito
della parola e funzionano come strumenti d'orchestra, queste
opere non hanno senso.
- Ma ci sono dei momenti quando ci vuole il suono più
puro possibile: «Soave sia il vento», per esempio
è la bellissima eccezione che conferma la regola!
Nigel Jamieson