La musica secondo... Giacomo Puccini
La sera del 26 Dicembre 1922 andò in scena al Teatro alla Scala una Manon Lescaut di Puccini, diretta da Arturo Toscanini. Era il 30º anniversario della prima rappresentazione di quest'opera e nella recensione pubblicata sul "Corriere della Sera" il critico del quotidiano milanese, Gaetano Cesari, aveva scritto che Puccini aveva ritoccato la strumentazione perché "Manon aveva qualche difettuzzo nell'orchestrazione".
Il 28 Dicembre 1922, sempre sul "Corriere della Sera", Giacomo Puccini risponde al critico del giornale con questa lettera:
"Signor Direttore, il suo critico musicale afferma avere io ritoccato lo strumentale di Manon. 'Nel 2. e nel 4. atto specialmente i ritocchi sono parecchi né mancano alcuni altri di essere evidenti già nel primo atto'. Trattasi di qualche lieve modificazione di colorito, ma la partitura stampata da Ricordi può fare fede che lo strumentale dell'opera non è stato da me rifatto. La mia Manon è tale e quale quella di trent'anni fa, solamente è stata concertata da Arturo Toscanini, il che vuol dire in un modo che procura all'autore la grande e non solita gioia di vedere illuminata la sua musica di quelle luci che nel momento della composizione egli aveva visto e sognato, e che poi non aveva veduto più.
Da troppo tempo in Italia si è presa l'abitudine di rappresentare le cosiddette opere di repertorio - quelle cioè che resistono al tempo e alle perfide esecuzioni - in un modo indecente: una prova d'orchestra, nessuna messa in scena e via con tutta la zavorra delle deturpazioni, degli abusi che cattive abitudini di direttori e cantanti hanno a poco a poco incrostata attorno all'opera.
Quando Toscanini con quella fede e quell'amore che si accendono al fuoco della sua meravigliosa arte, dà di mano allo scalpello e toglie via quelle brutture e riporta l'opera allo stato naturale, rivelando al pubblico le vere intenzioni dell'autore, l'opera vecchia appare al pubblico nuova e il pubblico dice: è un'altra: no, è semplicemente quella, animata dal più grande animatore che l'arte musicale vanti.
Alla Scala questi miracoli avvengono spesso ormai: e quando iersera la commozione del pubblico (e di quella commozione io gli son grato) prese anche me e fui spinto ad abbracciare il nostro Toscanini, quell'abbraccio non era solamente un gesto di egoistica riconoscenza per l'esecuzione della mia Manon, no, era la riconoscenza di un artista verso un altro artista che era riuscito a rendere la Scala un vero tempio di consacrazioni e riconsacrazioni artistiche.
Quello che egli ha compiuto alla Scala è mirabile; io giro i teatri di tutto il mondo e vedo e studio quello che si fa fuori; mi sembra il momento di poter dire che oggi quello che si fa alla Scala non si fa in nessun altro teatro dell'estero. Toscanini non vi ha compiuto solamente opera di musicista, ma anche opera di organizzatore e ha creato un'istituzione che è orgoglio dell'arte italiana, tanto più che tutto quello che vi si fa, è ormai per suo volere opera di artisti italiani.
L'anno scorso la parte riguardante la messa in scena era affidata a regisseurs forestieri e si credeva di non poter fare a meno dell'opera di stranieri. Io desidererei che le mie opere fossero messe in scena dal mio collaboratore Giovacchino Forzano. Toscanini lo vide al lavoro e, da quel conoscitore di uomini che è, volle affidargli quest'anno la direzione della messa in scena, e Forzano ha dimostrato come da noi si posson fare mises en scène che per movimento di masse e finezza di dettagli posson vincere in agilità e genialità quanto si fa all'estero.
Mancava alla Scala Caramba, e ora Caramba ha trovato il campo per poter sbrigliare la sua bella fantasia; e scenografi e suonatori e masse corali si prodigano con tutto l'entusiasmo e questo nucleo di energie guidato e animato da Toscanini dà i risultati per i quali, come avvenne ieri sera, Manon appare un'opera nuova, tanto che anche a me pareva di avere trent'anni di meno: e uscendo dalla Scala mi dimenticavo che scendevo dal palcoscenico e non dal loggione, come trent'anni fa, ed ero per avviarmi verso l'osteria dell'Aida a consumare, ahimè, una di quelle modestissime refezioni i cui conti si allineavano inesorabili sul registro della buona signora Assunta.
Trent'anni di meno! Soavissima illusione!
Giacomo Puccini."